Stilus Magistri
I Dogi Veneziani approdati a Canosa
La via dell’Adriatico tra Veneti e Pugliesi
venerdì 31 agosto 2018
18.28
La toponomastica delle strade di Canosa di Puglia(BT) riporta pagine di lettura di storia, che nell'evoluzione dei tempi deve preservare le radici storiche elleniche, romane, paleocristiane. Un itinerario di cultura è stato avviato dal 2015 nella scalinata in pietra a Canosa della "préule", del magnifico pergolato oggi pregevole icona del Palazzo gentilizio omonimo in corso Garibaldi, la "Préule" fra i Dogi veneziani. La suggestiva scalinata è intitolata Vico Doge MOCENIGO (riteniamo che si tratti del Doge Pietro Mocenigo, Doge dal 1473 al 1476, naufrago con la flotta a Brindisi e tradotto poi a Napoli), mentre la parallela del Palazzo da corso Garibaldi è denominata Vico Doge FALIERO (1354 – 1355) già "Vico Bellezza". Il Doge Marin Faliero fu l'unico doge giustiziato per una congiura liberale di potere e decapitato. Il suo nome, oggetto di letteratura, è rimasto noto nella storia, nella letteratura e nella riabilitazione, approdando anche a Canosa. Oggi ricompare nella risanata lapide in terrracotta della toponomastica che si presenta suggestiva in "bellezza" e sapori d'estate della location "La Préule Food Heritage", con l'opera volontaria meritoria di restauro di Franco Inglese tra Vico Doge Mocenigo e Vico Doge Faliero. Ma l'influenza della Repubblica di Venezia sull'Adriatico e la storia della flotta veneziana riportano ben sette Dogi approdati nella toponomastica a Canosa di Puglia, ritrovata dai nostri studi presso lo stradario dell'Archivio Storico Comunale del 1800-1917.
Si rileggono sulle pietre di strada ben sette Dogi, di cui alcuni sono trascritti su lapidi di terracotta, come quelle del Palazzo della "Préule", già Palazzo gentilizio di Mauro Caporale. Ci ritroviamo amici Giuseppe Di Nunno e Franco Inglese a riscrivere questo storico Vico di un Doge veneziano. Riportiamo gli altri cinque Dogi veneziani, oltre i due già citati, che insistono in particolare sulle traverse di Corso Garibaldi verso il Rione Castello e riportano le denominazioni di fine '800 e inizio '900. Seguendo l'ordine cronologico dei Dogi ritroviamo Vico Doge LOREDAN (1501-1521); Vico Doge CONTARINI (1275-1280), nella traversa della scalinata da Corso Garibaldi; vico Doge GRIMANI (1595-1605) da Vico Aurora a Corso Traiano presso la Chiesa del Carmelo; Vico Doge MOROSINI (1688-1694) Grande Ammiraglio della Flotta veneziana riportato nella salita da Corso Garibaldi; Vico Doge MANIN (ultimo Doge veneziano dal 1789 al 1797), da Corso San Sabino a Via Ursone. Il Doge, dal latino "dux, ducis", "duce", era il Capo di Stato della Repubblica di Venezia, il supremo Magistrato dal sec. VIII al XVIII secolo. Vogliamo porgere questo studio dei Dogi approdati sulle pietre di strada a Canosa in condivisione al Sindaco di Venezia, all'Assessore all'Archeologia del Comune di Canosa, Architetto Sabina Lenoci, dedicato ai suoi diligenti studi universitari e alle Sue stimate iniziative culturali nel legame tra Canosa e l'Università di Venezia. L'Assessore alla Cultura di Venezia Paola Mar "ha ricevuto con piacere" e apprezzato la suddetta ricerca "per gli spunti forniti".
E dopo i sette Dogi veneziani approdati nell'800 nella toponomastica delle strade canosine, un illustre Doge, LEONARDO DONÁ del 1606-1612 è approdato in bronzo, in omaggio dall'Università di Padova nel 2009, nell'osella bronzea celebrativa del Quarto Centenario di Galileo Galilei, cui viene conferita la Cattedra di Matematica, che abbiamo visitato con onore nell'Ateneo Patavino.La medaglia bronzea commemorativa raffigura Galileo che presenta al Doge di Venezia Leonardo Donà la sua invenzione del cannocchiale per ricercare e scoprire un "nuovo Universo delle cose" (Novam Rerum Universitatem). L'invenzione fu presentata al Doge a Venezia di cui faceva parte l'Ateneo di Padova. L'evento costituì la nascita dell'Astronomia e della Scienza moderna. In un progetto formativo volontario, offerto nelle risultanze al Magnifico Rettore dell'Università di Padova, alla Scuola De Muro Lomanto, Foscolo e al Liceo Statale Enrico Fermi, abbiamo studiato la massima riportata sul retro dell'osella bronzea accademica ritrovando il manoscritto del pensiero di Galileo presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, B N F C, che abbiamo trasmesso all'Università di Padova. La stessa BNFC ci ha trasmesso un attestato apprezzando il progetto volontario "frutto di un sapiente e appassionato lavoro". Riproponiamo il messaggio di Galileo nella sua attualità delle ricerche storiche e dello studio: "Io stimo più il trovar un vero, benché di cosa leggiera, che 'l disputar lungamente delle massime questioni senza conseguir verità nissuna" . Un poster del cannocchiale di Galileo, denominato "perspicillum" (dal latino perspicere, scrutare, vedere attraverso), ricevuto dalla BNFC di Firenze è stato donato alla Scuola De Muro Lomanto, alla Scuola Media Foscolo e al Liceo Statale Fermi nel progetto formativo volontario dell'anniversario del 2009 dell'Astronomia di Galileo.
In queste radici prosegue il legame dell'Adriatico tra Venezia e Canosa di Puglia, dove viene venerata una reliquia nella Chiesa antica di Santa Lucia, nell'approdo della Cristianità dall'Oriente. Contattando il Parroco della Basilica di Santa Lucia in Venezia ritroviamo anche le radici del "vino foresto": "i nostri padri, approdando in Puglia, riportavano il vostro robusto vino nero o di Troia, lo tagliavano e lo gustavano come vino foresto, forestiero". Ma oggi nelle radici elleniche degli Eneti, approdati ad Adria e chiamati poi Veneti, rileggendo le pietre dei Dogi veneziani, non ci sentiamo tanto "forestieri", ma alfieri comuni della civiltà dell'Adriatico che ha suggellato splendore dell'arte a Venezia e tesori archeologici a Canosa di Puglia, nei passi di queste generazioni che riscrivono pagine di storia, di arte e di cultura. Sulla via dell'Adriatico, in "undas Hadriaticas" dell'Eneide di Virgilio, Canosa riscrive con Orazio (Sermones, Lib. I, Sat. 5, v.92) le sue radici diomedee, "qui locus a forti Diomede est conditus olim", che approdarono anche ad Adria nel Veneto, dove giunsero gli "Eneti" della Paflagonia, allevatori di cavalli, che Omero racconta nell'Iliade (Lib. II, v. 852), e che provenivano dall'Anatolia, sede di colonie greche del VI sec.:
ἐξ Ἐνετῶν, ὅθεν ἡμιόνων γένος ἀγροτεράων,
(traslitterazione)
ex Eneton, óthen ēmiónōn ghénos agroteráōn,
(traduzione)
"dall'Eneto paese ov'è la razza dell'indomite mule".
Il verso 852 riporta il testo in latino: ex illa terra quam Heneti incolunt nobile genus mulorum.
Le radici elleniche sono attestate anche dal Museo Archeologico Nazionale di Adria, da noi contattato in condivisione, che cita l'approdo delle navi greche nel porto di Adria nel VI sec. a. C..Ripercorrendo la Via dell'Adriatico tra Veneti e Pugliesi, porgo i saluti da Canosa al Comune di Pederobba nel Trevigiano, nel Patto di Amicizia dal 2003 suggellato dal Quirinale nel 2011; a mio fratello Professor Pasquale trapiantato con Nunzia a Vittorio Veneto; a mio Figlio Gianfranco approdato con laurea nel Padovano; a mio figlio Davide laureato a Padova e sposato con una cara veneta di Salvatronda, ma, come Lui dice, "prima del matrimonio eravamo ... già parenti a. C.!". Ripercorrendo la Via dell'Adriatico, citata nel Carme IV del poeta Catullo, interpretato poi dal Pascoli, porgiamo i nostri saluti di amicizia dalla Puglia al Veneto, da Canosa ad Adria, a Venezia, eredi e custodi di un grande patrimonio italiano di intercultura, educatori di civiltà tra i banchi di Scuola, scrittori di questa pagina nuova di vita.
Cav. Giuseppe Di Nunno
l Dogi veneziani a Canosa di Puglia link: https://www.youtube.com/watch?v=8IhTIXF61jA
Si rileggono sulle pietre di strada ben sette Dogi, di cui alcuni sono trascritti su lapidi di terracotta, come quelle del Palazzo della "Préule", già Palazzo gentilizio di Mauro Caporale. Ci ritroviamo amici Giuseppe Di Nunno e Franco Inglese a riscrivere questo storico Vico di un Doge veneziano. Riportiamo gli altri cinque Dogi veneziani, oltre i due già citati, che insistono in particolare sulle traverse di Corso Garibaldi verso il Rione Castello e riportano le denominazioni di fine '800 e inizio '900. Seguendo l'ordine cronologico dei Dogi ritroviamo Vico Doge LOREDAN (1501-1521); Vico Doge CONTARINI (1275-1280), nella traversa della scalinata da Corso Garibaldi; vico Doge GRIMANI (1595-1605) da Vico Aurora a Corso Traiano presso la Chiesa del Carmelo; Vico Doge MOROSINI (1688-1694) Grande Ammiraglio della Flotta veneziana riportato nella salita da Corso Garibaldi; Vico Doge MANIN (ultimo Doge veneziano dal 1789 al 1797), da Corso San Sabino a Via Ursone. Il Doge, dal latino "dux, ducis", "duce", era il Capo di Stato della Repubblica di Venezia, il supremo Magistrato dal sec. VIII al XVIII secolo. Vogliamo porgere questo studio dei Dogi approdati sulle pietre di strada a Canosa in condivisione al Sindaco di Venezia, all'Assessore all'Archeologia del Comune di Canosa, Architetto Sabina Lenoci, dedicato ai suoi diligenti studi universitari e alle Sue stimate iniziative culturali nel legame tra Canosa e l'Università di Venezia. L'Assessore alla Cultura di Venezia Paola Mar "ha ricevuto con piacere" e apprezzato la suddetta ricerca "per gli spunti forniti".
E dopo i sette Dogi veneziani approdati nell'800 nella toponomastica delle strade canosine, un illustre Doge, LEONARDO DONÁ del 1606-1612 è approdato in bronzo, in omaggio dall'Università di Padova nel 2009, nell'osella bronzea celebrativa del Quarto Centenario di Galileo Galilei, cui viene conferita la Cattedra di Matematica, che abbiamo visitato con onore nell'Ateneo Patavino.La medaglia bronzea commemorativa raffigura Galileo che presenta al Doge di Venezia Leonardo Donà la sua invenzione del cannocchiale per ricercare e scoprire un "nuovo Universo delle cose" (Novam Rerum Universitatem). L'invenzione fu presentata al Doge a Venezia di cui faceva parte l'Ateneo di Padova. L'evento costituì la nascita dell'Astronomia e della Scienza moderna. In un progetto formativo volontario, offerto nelle risultanze al Magnifico Rettore dell'Università di Padova, alla Scuola De Muro Lomanto, Foscolo e al Liceo Statale Enrico Fermi, abbiamo studiato la massima riportata sul retro dell'osella bronzea accademica ritrovando il manoscritto del pensiero di Galileo presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, B N F C, che abbiamo trasmesso all'Università di Padova. La stessa BNFC ci ha trasmesso un attestato apprezzando il progetto volontario "frutto di un sapiente e appassionato lavoro". Riproponiamo il messaggio di Galileo nella sua attualità delle ricerche storiche e dello studio: "Io stimo più il trovar un vero, benché di cosa leggiera, che 'l disputar lungamente delle massime questioni senza conseguir verità nissuna" . Un poster del cannocchiale di Galileo, denominato "perspicillum" (dal latino perspicere, scrutare, vedere attraverso), ricevuto dalla BNFC di Firenze è stato donato alla Scuola De Muro Lomanto, alla Scuola Media Foscolo e al Liceo Statale Fermi nel progetto formativo volontario dell'anniversario del 2009 dell'Astronomia di Galileo.
In queste radici prosegue il legame dell'Adriatico tra Venezia e Canosa di Puglia, dove viene venerata una reliquia nella Chiesa antica di Santa Lucia, nell'approdo della Cristianità dall'Oriente. Contattando il Parroco della Basilica di Santa Lucia in Venezia ritroviamo anche le radici del "vino foresto": "i nostri padri, approdando in Puglia, riportavano il vostro robusto vino nero o di Troia, lo tagliavano e lo gustavano come vino foresto, forestiero". Ma oggi nelle radici elleniche degli Eneti, approdati ad Adria e chiamati poi Veneti, rileggendo le pietre dei Dogi veneziani, non ci sentiamo tanto "forestieri", ma alfieri comuni della civiltà dell'Adriatico che ha suggellato splendore dell'arte a Venezia e tesori archeologici a Canosa di Puglia, nei passi di queste generazioni che riscrivono pagine di storia, di arte e di cultura. Sulla via dell'Adriatico, in "undas Hadriaticas" dell'Eneide di Virgilio, Canosa riscrive con Orazio (Sermones, Lib. I, Sat. 5, v.92) le sue radici diomedee, "qui locus a forti Diomede est conditus olim", che approdarono anche ad Adria nel Veneto, dove giunsero gli "Eneti" della Paflagonia, allevatori di cavalli, che Omero racconta nell'Iliade (Lib. II, v. 852), e che provenivano dall'Anatolia, sede di colonie greche del VI sec.:
ἐξ Ἐνετῶν, ὅθεν ἡμιόνων γένος ἀγροτεράων,
(traslitterazione)
ex Eneton, óthen ēmiónōn ghénos agroteráōn,
(traduzione)
"dall'Eneto paese ov'è la razza dell'indomite mule".
Il verso 852 riporta il testo in latino: ex illa terra quam Heneti incolunt nobile genus mulorum.
Le radici elleniche sono attestate anche dal Museo Archeologico Nazionale di Adria, da noi contattato in condivisione, che cita l'approdo delle navi greche nel porto di Adria nel VI sec. a. C..Ripercorrendo la Via dell'Adriatico tra Veneti e Pugliesi, porgo i saluti da Canosa al Comune di Pederobba nel Trevigiano, nel Patto di Amicizia dal 2003 suggellato dal Quirinale nel 2011; a mio fratello Professor Pasquale trapiantato con Nunzia a Vittorio Veneto; a mio Figlio Gianfranco approdato con laurea nel Padovano; a mio figlio Davide laureato a Padova e sposato con una cara veneta di Salvatronda, ma, come Lui dice, "prima del matrimonio eravamo ... già parenti a. C.!". Ripercorrendo la Via dell'Adriatico, citata nel Carme IV del poeta Catullo, interpretato poi dal Pascoli, porgiamo i nostri saluti di amicizia dalla Puglia al Veneto, da Canosa ad Adria, a Venezia, eredi e custodi di un grande patrimonio italiano di intercultura, educatori di civiltà tra i banchi di Scuola, scrittori di questa pagina nuova di vita.
Cav. Giuseppe Di Nunno
l Dogi veneziani a Canosa di Puglia link: https://www.youtube.com/watch?v=8IhTIXF61jA