Stilus Magistri
I “fioroni” di San Vito
Dolce frutto di una pianta sacra millenaria
giovedì 15 giugno 2017
17.22
Ricorrendo la festa di S. Vito nel dies natalis del 15 giugno, la memoria dei nostri padri della civiltà rurale racconta dei dolci frutti dei fioroni, detti in dialetto "chelùmbre", in italiano arcaico "columbri", legati alle festività dei santi di giugno. Si parlava infatti dei "chelùmbre" a San Vito, dei "chelùmbre" a San Giovanni, dei "chelùmbre" a San Pietro. Sono i "columbri" o "fichi precoci" denominati poi fioroni per i frutti nati dalle grandi infiorescenze. Il dolce frutto "dalle vie dei ciottoli" ci conduce al frutto e alla pianta sacra millenaria del "ficus carica" originario dell'Asia Minore, la cui storia ha suggellato tante civiltà nella simbologia dell'abbondanza e nei sapori della gastronomia. Già nell'Antico Testamento l'albero compare nell'Eden, come riporta il Libro della Genesi (3,7). E nell'Antica Grecia la pianta sacra al dio Dioniso viene presentata nel V sec. a. C. dal medico Ippocrate nell'uso del lattice. Nell'Antica Roma, Cicerone cita un "canestro di fichi", "fiscina ficorum" e presenta la pianta del "ficus carica", coltivata nella Provincia romana della "Caria".
Dante Alighieri nella De Vulgari Eloquentia riporta un episodio amoroso di un cesto di fichi e lo stesso poeta Leopardi scrive da Bologna al padre il 20 febbraio del 1826 riferendosi ai fichi secchi: "I fichi e l'olio sono qui applauditissimi e graditissimi e quantunque io in casa non fossi solito di mangiar de' fichi, adesso, non so come, trovo che sono pure una cosa di un sapore eccellente e ho pensato di salvarne un poco per me e per gli altri". L'albero bifero che fruttifica due volte l'anno mi ritorna in mente nella parole di mio padre Giovanni che portava di buon mattino "li chelùmbre" evocando il detto popolare: "fiorone mio cortese, ti ho aspettato un anno e ti aspetto un altro mese". E nel giorno di San Vito premendo leggermente un fiorone fra le mani, la buonanima di mio padre diceva in dialetto: "sànde Vóte Putegnène, se nand'ammatéure téu, t'ammatéure jó che le mène" (a San Vito, se non sei maturo, ti faccio io maturo con le mani). Gustiamo i fioroni precoci, "li chelùmbre" nella festa di San Vito. Auguri ai Vito di Canosa, dall'amico, al medico curante donna, ai Sacerdoti di due Parrocchie, al Generale delle Fiamme Gialle. Nelle vie di santità dei nostri onomastici cristiani, che brillano come stelle del cielo. Auguri Vito!
maestro Peppino Di Nunno
Dante Alighieri nella De Vulgari Eloquentia riporta un episodio amoroso di un cesto di fichi e lo stesso poeta Leopardi scrive da Bologna al padre il 20 febbraio del 1826 riferendosi ai fichi secchi: "I fichi e l'olio sono qui applauditissimi e graditissimi e quantunque io in casa non fossi solito di mangiar de' fichi, adesso, non so come, trovo che sono pure una cosa di un sapore eccellente e ho pensato di salvarne un poco per me e per gli altri". L'albero bifero che fruttifica due volte l'anno mi ritorna in mente nella parole di mio padre Giovanni che portava di buon mattino "li chelùmbre" evocando il detto popolare: "fiorone mio cortese, ti ho aspettato un anno e ti aspetto un altro mese". E nel giorno di San Vito premendo leggermente un fiorone fra le mani, la buonanima di mio padre diceva in dialetto: "sànde Vóte Putegnène, se nand'ammatéure téu, t'ammatéure jó che le mène" (a San Vito, se non sei maturo, ti faccio io maturo con le mani). Gustiamo i fioroni precoci, "li chelùmbre" nella festa di San Vito. Auguri ai Vito di Canosa, dall'amico, al medico curante donna, ai Sacerdoti di due Parrocchie, al Generale delle Fiamme Gialle. Nelle vie di santità dei nostri onomastici cristiani, che brillano come stelle del cielo. Auguri Vito!
maestro Peppino Di Nunno