![San Sabino](https://canosa.gocity.it/library/media/san_sabino_2021.jpg)
Stilus Magistri
Il busto di San Sabino tra antico e moderno
Dalla coppa del veleno al dito dell’angelo
giovedì 6 febbraio 2025
23.34
Con la ricorrenza del 9 Febbraio, dies natalis e memoria liturgica del Vescovo San Sabino, Patrono di Canosa di Puglia, ci accostiamo ammirando in devozione popolare il busto di San Sabino, opera dell'artista benemerito Giuseppe Antonio Lomuscio, inaugurata il 22 luglio 1985.
Il busto del '700
Il busto argenteo del '700 fu trafugato in una notte infausta il 10 novembre 1983, come ricorda una targhetta di ottone sulle sbarre della Cappella di S. Sabino, dove "una mano sacrilega tagliò la sbarra..." formando un varco da dove impietosamente furono sottratti molti tesori sabiniani della Cattedrale.
Era il tempo dell'Arciprete benemerito, illuminato e pio, Don Antonio Piattone, che riposava da solo nella canonica. Quella mattina chiamato mi recai con tristezza, mentre Don Antonio mostrava a terra il serpentello di argento della statua, "il segno del male", portato via dai Carabinieri sopraggiunti.
Rimase la base del busto fatta di legno e ricoperta di lamine di argento, con iscrizioni che attestano la storia di origine. La base fu rifatta di legno massello a sostenere il peso bronzeo.
La differenza iconografica
Restando immutata la devozione al Santo ci chiediamo quale è stata la differenza, rivedendola foto di Bacci custodita dallo Studio D'Alessandro, fatta di notte come racconta il testimone Gianni dello Studio D'Alessandro. Le gigantografie del 1981 furono donate da Bacci al Comune, al Sindaco ed esposte nella Sala Consiliare come patrimonio sacro artistico e culturale sabiniano di Canosa.
Parlo come testimone, con l'artista Maestro Lomuscio, membri della Commissione costituita per il rifacimento del busto. In attesa veniva portato in processione il quadro della tela di San Sabino, restaurato a cura di Don Peppino Luisi.
Il Vescovo Mons. Lanave
Il Vescovo Mons. Giuseppe Lanave, cultore di arte sacra, Vescovo di Andria dal 1969 al 1988, espresse con la Commissione l'opportunità di rifare un busto bronzeo con bagno galvanico di argento 925, conservando l'iconografia precedente.
E il Vescovo sapientemente propose l'unica innovazione iconografica modificando la coppa con serpentello retta dall'angelo, che connota il tentativo di avvelenamento di Vindemio, dipinta nella predella del Boccati a Orvieto del 1473, da noi ricostruita e dalla provata virtù profetica nel Banchetto di Re Totila, avvenuto nella sede episcopale di San Pietro a Canusium. In quella sede il Vescovo Sabino, non vedente, accolse il calice avvelenato, e bevendo disse "viva ista manus" al re barbaro stupito.
San Sabino evangelizzatore a Orvieto
Ritroviamo infatti questa raffigurazione della coppa o calice nella mani del Vescovo Sabino nella citata predella del Boccati a Orvieto, oggi custodita nel particolare nella Galleria di arte delle Marche a Urbino e da noi arricchita dalle ricerche filologiche dei testi dei Dialoghi di Gregorio Magno (Libro III, cap. V).
Anche un affresco nella Cappella di San Savino nella Chiesa di San Giovenale a Orvieto, raffigura San Giovenale e San Savino (SAVINVS) con mitra bicuspide e pastorale e con coppa nella mano sinistra, come da foto concessa dalla esperta Dottoressa Giovanna Bandinu Dirigente in Curia dei Beni Culturali della Diocesi di Orvieto, in uno scambio di studi con Giuseppe Di Nunno in un tempo lungo di anni e mesi.
Le parole del Vescovo Lanave
Ricordo il Vescovo Mons. Lanave, con cui noi settantenni siamo cresciuti in "virtute e conoscenza" che motivò la modifica: "lasciamo questa ricorrente storia del veleno e poniamo la mano dell'angelo che indica col dito il libro del Vangelo con iscrizioni nelle mani del Vescovo Santo, Evangelizzatore".
E anche nel riscoperto San Sabino a Orvieto il pittore Boccati nella pala d'altare del 1473 ritrae San Savino, Vescovo canosino, con il libro rosso in mano del Vangelo, ad evocare la figura di Evangelizzatore anche post mortem con San Giovenale, compatroni di Orvieto nel sec. XI.
Con la guida ecclesiale di Mons. Felice Bacco, cultore sabiniano, accostiamoci in devozione in Cattedrale al busto, nei giorni che precedono la Festa patronale, leggendo col dito dell'Angelo del Santo che indica il libro aperto delle Sacre Scritture con le iscrizioni di argento.
Il dies natalis di S. Sabino
Ci accostiamo al dies natalis del Santo Vescovo canosino, al «quinto idus februarii», come riporta in latino il Prevosto Tortora nella Relatio Ecclesiae Canusinae del 1758 (Cap III, VIII), al "quinto giorno alle idi di Febbraio" che ricadono nel 13.
Era il 9 Febbraio quando "ab hac luce migravit ad Dominum" come scrive il Tortora citando l'Anonimo.
Sia lode al Vescovo Sabino "il più grande dei suoi figli", come scriveva la solennità del 9 Febbraio 1966, nella ricorrenza del XIV Centenario della morte.
Quest'anno santo del Giubileo A. D. MMXXV poniamo i passi in Cattedrale del VI secolo, dove il Vescovo Sabino ha posato le mani, dum in humanis ageret, (mentre era ancora in vita), Amen.
Giuseppe Di Nunno
Il busto del '700
Il busto argenteo del '700 fu trafugato in una notte infausta il 10 novembre 1983, come ricorda una targhetta di ottone sulle sbarre della Cappella di S. Sabino, dove "una mano sacrilega tagliò la sbarra..." formando un varco da dove impietosamente furono sottratti molti tesori sabiniani della Cattedrale.
Era il tempo dell'Arciprete benemerito, illuminato e pio, Don Antonio Piattone, che riposava da solo nella canonica. Quella mattina chiamato mi recai con tristezza, mentre Don Antonio mostrava a terra il serpentello di argento della statua, "il segno del male", portato via dai Carabinieri sopraggiunti.
Rimase la base del busto fatta di legno e ricoperta di lamine di argento, con iscrizioni che attestano la storia di origine. La base fu rifatta di legno massello a sostenere il peso bronzeo.
La differenza iconografica
Restando immutata la devozione al Santo ci chiediamo quale è stata la differenza, rivedendola foto di Bacci custodita dallo Studio D'Alessandro, fatta di notte come racconta il testimone Gianni dello Studio D'Alessandro. Le gigantografie del 1981 furono donate da Bacci al Comune, al Sindaco ed esposte nella Sala Consiliare come patrimonio sacro artistico e culturale sabiniano di Canosa.
Parlo come testimone, con l'artista Maestro Lomuscio, membri della Commissione costituita per il rifacimento del busto. In attesa veniva portato in processione il quadro della tela di San Sabino, restaurato a cura di Don Peppino Luisi.
Il Vescovo Mons. Lanave
Il Vescovo Mons. Giuseppe Lanave, cultore di arte sacra, Vescovo di Andria dal 1969 al 1988, espresse con la Commissione l'opportunità di rifare un busto bronzeo con bagno galvanico di argento 925, conservando l'iconografia precedente.
E il Vescovo sapientemente propose l'unica innovazione iconografica modificando la coppa con serpentello retta dall'angelo, che connota il tentativo di avvelenamento di Vindemio, dipinta nella predella del Boccati a Orvieto del 1473, da noi ricostruita e dalla provata virtù profetica nel Banchetto di Re Totila, avvenuto nella sede episcopale di San Pietro a Canusium. In quella sede il Vescovo Sabino, non vedente, accolse il calice avvelenato, e bevendo disse "viva ista manus" al re barbaro stupito.
San Sabino evangelizzatore a Orvieto
Ritroviamo infatti questa raffigurazione della coppa o calice nella mani del Vescovo Sabino nella citata predella del Boccati a Orvieto, oggi custodita nel particolare nella Galleria di arte delle Marche a Urbino e da noi arricchita dalle ricerche filologiche dei testi dei Dialoghi di Gregorio Magno (Libro III, cap. V).
Anche un affresco nella Cappella di San Savino nella Chiesa di San Giovenale a Orvieto, raffigura San Giovenale e San Savino (SAVINVS) con mitra bicuspide e pastorale e con coppa nella mano sinistra, come da foto concessa dalla esperta Dottoressa Giovanna Bandinu Dirigente in Curia dei Beni Culturali della Diocesi di Orvieto, in uno scambio di studi con Giuseppe Di Nunno in un tempo lungo di anni e mesi.
Le parole del Vescovo Lanave
Ricordo il Vescovo Mons. Lanave, con cui noi settantenni siamo cresciuti in "virtute e conoscenza" che motivò la modifica: "lasciamo questa ricorrente storia del veleno e poniamo la mano dell'angelo che indica col dito il libro del Vangelo con iscrizioni nelle mani del Vescovo Santo, Evangelizzatore".
E anche nel riscoperto San Sabino a Orvieto il pittore Boccati nella pala d'altare del 1473 ritrae San Savino, Vescovo canosino, con il libro rosso in mano del Vangelo, ad evocare la figura di Evangelizzatore anche post mortem con San Giovenale, compatroni di Orvieto nel sec. XI.
Con la guida ecclesiale di Mons. Felice Bacco, cultore sabiniano, accostiamoci in devozione in Cattedrale al busto, nei giorni che precedono la Festa patronale, leggendo col dito dell'Angelo del Santo che indica il libro aperto delle Sacre Scritture con le iscrizioni di argento.
Il dies natalis di S. Sabino
Ci accostiamo al dies natalis del Santo Vescovo canosino, al «quinto idus februarii», come riporta in latino il Prevosto Tortora nella Relatio Ecclesiae Canusinae del 1758 (Cap III, VIII), al "quinto giorno alle idi di Febbraio" che ricadono nel 13.
Era il 9 Febbraio quando "ab hac luce migravit ad Dominum" come scrive il Tortora citando l'Anonimo.
Sia lode al Vescovo Sabino "il più grande dei suoi figli", come scriveva la solennità del 9 Febbraio 1966, nella ricorrenza del XIV Centenario della morte.
Quest'anno santo del Giubileo A. D. MMXXV poniamo i passi in Cattedrale del VI secolo, dove il Vescovo Sabino ha posato le mani, dum in humanis ageret, (mentre era ancora in vita), Amen.
Giuseppe Di Nunno