Coppia-di-Sarvan
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Stilus Magistri

Incontro con lo spirito folletto a Torino

“Il Sarvàn” piemontese e “u Munecacìdde” di Canosa di Puglia

Nella grotta tufacea sotterranea da me scoperta nel 1984 a Canosa di Puglia(BT) abbiamo incontrato le pregevoli sculture del Monacello e della Fata, un unicum architettonico della Puglia e dell'Italia meridionale, con la figura del Munecacìdde, immaginario collettivo della civiltà contadina, approdato all'Università di Strasburgo in una Tesi di Laurea di un emigrante canosino, Dott. Marcello Lagrasta. Le sculture sono precedute da un Crocifisso tufaceo di altezza m. 1,80. Lo abbiamo studiato nel libro "Sulle vie dei ciottoli del dialetto canosino" del 2015, riscoprendolo in molte Regioni italiane dal Sud al Nord, dalla Sicilia, dal Napoletano fino al Veneto nelle diverse denominazioni, ma con identica leggenda scoperta a livello filologico nel segreto del cappuccio rosso che nasconde un tesoro, come riporta in latino lo scrittore del I sec. d. C. Petronio Arbitro nell'opera Satyricon. Mia nonna Rosinella di Canosa di Puglia, nata nel 1900 mi raccontava in dialetto "'n zùgne se métte 'n bìtte e te lève u respòre" (in sogno si mette sul petto e ti toglie il respiro).

Nel 2018 lo abbiamo riscoperto in Toscana, in provincia di Lucca, nella figura nota del "Linchetto", trasmettendo una ricerca al Centro Archivistico della Scuola Normale Superiore di Pisa. Lo abbiamo riscoperto fra i Sassi di Matera, Capitale Europea della Cultura 2019, nel folletto lucano del Monachicchio, descritto nella cultura popolare da Carlo Levi nell'opera "Cristo si è fermato a Eboli". Percorrendo le vie dei ciottoli dei nostri cari canosini trapiantati a Torino dal Ponte romano, è emigrato con noi anche u Munecacìdde canosino della grotta in tufo e ha incontrato con sorpresa il suo compagno folletto che già alberga da secoli a Torino, a Cuneo, nella terra del Piemonte.Il suo n ome è "Sarvàn", detto anche Carcaveja, perché "vecchia" (veja) e "schiaccia" (carca) il petto come incubo nel sonno delle persone, figura del folclore di molte comunità piemontesi, soprattutto presso Cuneo. "Ij sarvan?, un mond scòst" "I Sarvàn, un mondo nascosto", scrive in una poesia in dialetto piemontese Antonio Tavella di Racconigi (Cuneo), un mondo nascosto nelle grotte dei boschi, dove albergano i Silvani, dalla radice latina "silvanus".

"Sarvàn": lo incontriamo nel Vocabolario piemontese-italiano del canonico Michele Ponza da Cavour (1772-1846), Maestro di Grammatica, pubblicato da Ed. Paravia di Torino nella Stamperia reale di Torino nel 1826 e nel 1833: "Sarvàn, spirito folletto, giovinetto, diavoletto, sarvan, carcaveja, efialte, incubo, in cui a chi giace sembra essere oppresso da grave peso". "È il re dei silvani, scuro, selvaggio, quando la sua grotta...", si racconta in una poesia occitana del 1965, Rocho la Cuno (Roccia la Culla) sede e casa del Sarvàn a forma di capra: "È lou rei di sarvan, bourre, sarvagge"; "sie sarvanòt, e alouro tout durmio" (i suoi sarvanot, e allora tutto dorme). La lingua piemontese era una lingua gallo-italica, cioè con radici francesi e lo stesso Vocabolario riporta il termine "Carcaveja: efialte, incubo, efialte, pesaruolo". I due vocaboli sarvàn e carcaveja sono quindi linguisticamente antichi di tre secoli e rimandano culturalmente al greco "efialte" in gr. ᾿Εϕιάλτης , gigante della mitologia greca. Pensiamo che tanti Torinesi e Scuole dell'800 dell'epoca del Regno di Sardegna abbiano letto il Vocabolario piemontese del Conza con il vocabolo "Sarvàn". Oggi riproponiamo la lettura con i Torinesi del terzo Millennio della Repubblica Italiana.

Sarvanòt, (diminuitivo di Sarvàn) , folletto delle caverne della valle, nell'immaginario è un folletto piccolo, brutto e bouru, cioè peloso, allegro e chiassoso, dispettoso, ma non cattivo. Gettava a terra i panni e si introduceva nella stalle delle mucche, con un umore influenzato dalla situazione atmosferica; abitava gli anfratti della roccia, i barme, le basse caverne. É stato scritto e dedicato un libro del 2004, "I Sarvanot dal Toumpi" nei boschi dei Sentieri Naturalistici dei Sarvanot presso le Alpi cuneesi, con la copertina che lo ritrae col berretto rosso, concessa dall'Editore Primalpe di Cuneo. Curatore dei testi in Occitano e della presentazione è Gian Piero Boschero di Frassino (Cuneo), che abbiamo contattato telefonicamente in uno scambio culturale in cui si valorizza la valenza antropologica e psicoanalitica di queste credenze e la "stratificazione culturale avvenuta nei secoli". Anche nella figura del Sarvanot compare la ricerca del tesoro del folletto che "nel giorno di San Giovanni del 24 Giugno pone, guardate a vista e imprendibili, monete d'oro su un grande lenzuolo nei pressi del monte Birrone in Val Varaita". Ormai hanno fatto amicizia il Monacello, u Munecacìdde, della grotta di Canosa di Puglia e il Sarvàn piemontese, tra il sorriso dei nostri Canosini trapiantati a Torino, con il Presidente Pasquale Valente dell'Associazione "Il Ponte"; con le belle idee teatrali di Fernando Forino; con la delegazione di Mons. Felice Bacco della Cattedrale di San Sabino, dell'Assessore Nino Delli Santi Delegato dal Sindaco del Comune di Canosa e del Presidente del Consiglio Comunale di Torino, Delegato della Sindaca di Torino, cui abbiamo trasmesso la nota culturale. Il vocabolario piemontese del Conza che cita il Sarvàn conclude con una poesia piemontese del 1768 del novello Teologo C. Casalis piemontese: "Tut mond a l'è pais" (tutto il mondo è paese), cui fa eco il proverbio canosino: "tùtte u mùnne jà cùme càste" (tutto il mondo è come casa tua). E questo riguarda anche il folletto col cappuccio che gira in tutte le Regioni italiane.È sera, per il folletto è tempo di rientrare a casa, nella grotta, nella caverna, per andare in sogno a fare dispetti, a far credere col tesoro in una speranza.... la leggenda continua!
Maestro Peppino Di Nunno
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