Stilus Magistri
La bontà dei “sivoni”
Un piatto di storia contro il Minotauro
mercoledì 31 gennaio 2018
23.08
Quando il cibo si fa erba: riscopriamo un'erba nota a Canosa di Puglia(BT) nel mangiare in dialetto "li sevéune". In un giorno di domenica di fine gennaio, mio cognato Tommaso Casamassima, artigiano di "canìstre e panarìdde" e cultore di erbe selvatiche mangerecce, esplorando i terreni incolti della Murgia, oggi ci offre borragine (borago officinalis) e "sivoni". Sono erbe selvatiche che ci richiamano alla coscienza ambientale l'importanza dell'habitat incolto nell'ecosistema, depauperato dall'agricoltura intensiva. Gli siamo grati per le erbe naturali benefiche, ma inizia una ricerca sui sivoni, nelle radici gastronomiche, linguistiche, culturali, storiche. "Sivoni" si dice in Puglia, nel barese, nella Lucania; si denominano diversamente in altre Regioni d'Italia, ma si ritrovano ovunque lungo i bordi dei tratturi di campagna e nei campi incolti e corrispondono al Grespino comune o Crespigno degli orti. Nel Salento li chiamano "zangòne", nel lemma accrescitivo del latino "sonchus". Questa pianta dall'aspetto spinoso, cresce praticamente dappertutto e in quasi tutti i periodi dell'anno; il tipo crespo e quasi adagiato al terreno, mentre il tipo meno crespo è dai fusti alti.Nelle sue proprietà benefiche il Grespino è ricco di Omega-3, minerali (fosforo, magnesio e calcio), e presenta proprietà diuretiche, depurative; è epatoprotettore, favorendo l'eliminazione di tossine. Apprezziamo perciò un piatto di sivoni, servito con purea di fave o mangiato come verdura. Dicono che "fave e sivoni fanno i piatti buoni!"
Il nome botanico scientifico dato da Linneo nel 1753 nella classificazione delle piante è : SONCHUS OLERACEUS, in cui Linneo associa il nome "oleraceus", che significa "erboso" dal latino classico, "olus, oleris" (verdura), al nome classico latino Sonchus, riportato e latinizzato in Plinio, ma derivante dal greco σόγκος (traslitterazione sònkos) e citato in Teofrasto, H. P., botanico e filosofo dell'Antica Grecia del IV sec. a. C., discepolo di Aristotele. Poniamo attenzione ad alcune grossolane imprecisioni sull'etimologia di "oleraceus" presenti nei siti web, che addirittura trasformano l'aggettivo "oleraceus" in... parola composta! Nelle radici storiche molti riportano della citazione della pianta in Plinio che indica anche l'uso in piatto da Parte dell'eroe leggendario Teseo prima di affrontare il Minotauro. Ma non troviamo mai il riferimento all'opera per verificare e ritrovare il testo. Dopo "certosina" ricerca filologica, come annoterebbe la Professoressa Giulia Giorgio del Liceo Fermi nelle ricerche filologiche del Libro di dialettologia "Sulle vie dei ciottoli", troviamo in un Dizionario di Greco e in books, cercando il lemma "sonchus": HN XXII, 88. Cerchiamo l'opera e finalmente troviamo il testo di Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia al Liber XII, cap. 88, in cui lo stesso Plinio rimanda al greco Callimaco nell'opera Hecale ( in greco Ἑκάλη) in età ellenistica.
Plinius, N H XXII, 88
Estur et soncos — ut quem Theseo apud Callimachum adponat Hecale — uterque, albus et niger. lactucae similes ambo, nisi spinosi essent, caule cubitali, anguloso, intus cavo, sed qui fractus copioso lacte manet. albus, cui e lacte nitor, utilis orthopnoicis lactucarum modo ex embammate.
Affidiamo la traduzione ragionata a mio fratello Prof. Pasquale Di Nunno da Vittorio Veneto, già Dirigente Scolastico dell'Istituto Alberghiero e interessato alla cultura e natura del cibo. Gli siamo grati per il competente supporto. "Si mangia anche la pianta della cicèrbita – come quella che Ecàle (è una vecchierella presso la quale Teseo trovò accoglienza quando andò contro il toro di Maratona) avrebbe servito a Teseo, come è detto dal poeta Callimaco; l'uno e l'altro, bianco e nero, entrambi simili alla lattuga, se non fossero spinosi, dal gambo lungo un cubito, angoloso, internamente vuoto, ma che, se viene spezzato, può far stillare un succo lattiginoso in notevole quantità; quello bianco, a cui la lucentezza (viene) dal latte, è utile agli ortopnoici (termine medico in Plinio: l'ortopnea o dispnea da decubito viene definita come la comparsa di difficoltà respiratoria in posizione supina) con la salsina piccante solo di lattughe. Apprendiamo così di questo piatto di verdura dei campi che la vecchierella sapiente Ecàle offrì al leggendario eroe Teseo prima di affrontare il mostro del Minotauro nell'isola di Creta, come riporta il poeta Callimaco in un epillio del III sec. a. C.. Noi riscopriamo il gusto benefico dell'erba selvatica dei "sivòni", da soli o con purea di fave e olio d'oliva, educando i bambini e i giovani al cibo della "verdura" e della verdura selvatica, nella radice linguistica riscoperta di "olus, oleris" , da cui nasce l'aggettivo "oleraceus" (erbaceo). È nelle foglie verdi della verdura, che si conserva un segreto dove si raccoglie il colore verde della natura e delle foglie maturate al sole.Buon piatto di sivòni a tutti! Quando il cibo si fa erba. C'era anche un piatto di "fògghje 'mbìsceke" (verdure miste), ma è meglio gustare un piatto per ogni verdura.
Verduriamoci a tavola!
Ob saporem patriae
maestro Peppino Di Nunno
Il nome botanico scientifico dato da Linneo nel 1753 nella classificazione delle piante è : SONCHUS OLERACEUS, in cui Linneo associa il nome "oleraceus", che significa "erboso" dal latino classico, "olus, oleris" (verdura), al nome classico latino Sonchus, riportato e latinizzato in Plinio, ma derivante dal greco σόγκος (traslitterazione sònkos) e citato in Teofrasto, H. P., botanico e filosofo dell'Antica Grecia del IV sec. a. C., discepolo di Aristotele. Poniamo attenzione ad alcune grossolane imprecisioni sull'etimologia di "oleraceus" presenti nei siti web, che addirittura trasformano l'aggettivo "oleraceus" in... parola composta! Nelle radici storiche molti riportano della citazione della pianta in Plinio che indica anche l'uso in piatto da Parte dell'eroe leggendario Teseo prima di affrontare il Minotauro. Ma non troviamo mai il riferimento all'opera per verificare e ritrovare il testo. Dopo "certosina" ricerca filologica, come annoterebbe la Professoressa Giulia Giorgio del Liceo Fermi nelle ricerche filologiche del Libro di dialettologia "Sulle vie dei ciottoli", troviamo in un Dizionario di Greco e in books, cercando il lemma "sonchus": HN XXII, 88. Cerchiamo l'opera e finalmente troviamo il testo di Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia al Liber XII, cap. 88, in cui lo stesso Plinio rimanda al greco Callimaco nell'opera Hecale ( in greco Ἑκάλη) in età ellenistica.
Plinius, N H XXII, 88
Estur et soncos — ut quem Theseo apud Callimachum adponat Hecale — uterque, albus et niger. lactucae similes ambo, nisi spinosi essent, caule cubitali, anguloso, intus cavo, sed qui fractus copioso lacte manet. albus, cui e lacte nitor, utilis orthopnoicis lactucarum modo ex embammate.
Affidiamo la traduzione ragionata a mio fratello Prof. Pasquale Di Nunno da Vittorio Veneto, già Dirigente Scolastico dell'Istituto Alberghiero e interessato alla cultura e natura del cibo. Gli siamo grati per il competente supporto. "Si mangia anche la pianta della cicèrbita – come quella che Ecàle (è una vecchierella presso la quale Teseo trovò accoglienza quando andò contro il toro di Maratona) avrebbe servito a Teseo, come è detto dal poeta Callimaco; l'uno e l'altro, bianco e nero, entrambi simili alla lattuga, se non fossero spinosi, dal gambo lungo un cubito, angoloso, internamente vuoto, ma che, se viene spezzato, può far stillare un succo lattiginoso in notevole quantità; quello bianco, a cui la lucentezza (viene) dal latte, è utile agli ortopnoici (termine medico in Plinio: l'ortopnea o dispnea da decubito viene definita come la comparsa di difficoltà respiratoria in posizione supina) con la salsina piccante solo di lattughe. Apprendiamo così di questo piatto di verdura dei campi che la vecchierella sapiente Ecàle offrì al leggendario eroe Teseo prima di affrontare il mostro del Minotauro nell'isola di Creta, come riporta il poeta Callimaco in un epillio del III sec. a. C.. Noi riscopriamo il gusto benefico dell'erba selvatica dei "sivòni", da soli o con purea di fave e olio d'oliva, educando i bambini e i giovani al cibo della "verdura" e della verdura selvatica, nella radice linguistica riscoperta di "olus, oleris" , da cui nasce l'aggettivo "oleraceus" (erbaceo). È nelle foglie verdi della verdura, che si conserva un segreto dove si raccoglie il colore verde della natura e delle foglie maturate al sole.Buon piatto di sivòni a tutti! Quando il cibo si fa erba. C'era anche un piatto di "fògghje 'mbìsceke" (verdure miste), ma è meglio gustare un piatto per ogni verdura.
Verduriamoci a tavola!
Ob saporem patriae
maestro Peppino Di Nunno