Stilus Magistri
La calzetta dei Morti
Dai banchi di Scuola, alla Caritas, ai Cavalieri
domenica 29 ottobre 2017
19.25
La Scuola Primaria, come luogo di cultura e di formazione dove l'azione educativa è intenzionale e sistematica, si innesta al territorio, alle tradizioni popolari, patrimonio umano, sociale e culturale di valori e di vita comunitaria. Con la ricorrenza della Festa di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti, in un accostamento tra terra e cielo, tra viventi ed estinti, la tradizione della "calzetta dei Morti" radicata da secoli nella cultura pagana e poi cristiana della Daunia, rivive la sua dimensione fra i banchi di Scuola tra piccoli e giovani studenti. Il territorio della Capitanata rievoca la tradizione da Foggia a Canosa, a San Severo, a Manfredonia, a Siponto, a Cerignola, a Lavello con il grano dei Morti. Quella grande calza, cucita nel 2009 nelle Classe 4 A e 4 B della Scuola Primaria "E.De Muro Lomanto", divenuta tabellone didattico, rivive oggi nel progetto formativo "Non dimentichiamo le nostre tradizioni" delle classi 2B 2C e 5C, rette dalle Insegnanti Filomena Bisceglia, Angela Capacchione, Rossella Grilli, Maria Teresa Napoletano, Cristina Brillante. Il progetto percorso anche in altre scuole ha inteso recuperare la tradizione popolare del territorio e decodificare i soggetti educativi dall'abito straniero di Halloween nella sua dimensione distorta e deleteria carnascialesca, consumistica e disumana nel terrore dei Morti. La stessa cultura laica dei Sepolcri di Ugo Foscolo rievoca ancora oggi "l'egregia corrispondenza degli amorosi sensi".
La calzetta dei Morti ha apportato anche una educazione ai prodotti della terra della stagione e ai dolcetti che riempivano la calzetta, dai taralli scaldati ai mostaccioli con il vino cotto, cui possiamo accostare il gusto salutare della zucca, della "checòzze" riscoperta da Halloween. La tradizione gastronomica si ritrova anche in Umbria con i dolcetti delle "fave dei morti" nella comune tradizione dei morti della credenza popolare della notte tra il 1° e il 2 Novembre, quando i cari defunti familiari tornano nel nostro mondo per visitare i luoghi della vita e la casa di famiglia sedendosi al banchetto lasciato imbandito come convivio tra viventi e morti e lasciando i doni nella calza appesa al letto, segno dell'impronta del proprio cammino. Era il cammino, la processione che proseguiva fino all'Epifania del 6 gennaio, partecipando al rito e al Mistero della Natività. Nei Fioretti di San Francesco si trovano le tracce di una processione dei santi morti in una Valle presso la Chiesa di San Lorenzo in preghiera. Anche in regioni alpine nelle Valli di Lanzo, i Morti procedono soccorrendo i pastori smarriti sulle montagne. Nel Biellese e sui Monti del Trentino, la credenza della processione dei Morti nella notte del primo Novembre, nella reminiscenza delle credenze pagane e poi cristiane, rappresenta i defunti che visitano le case condividendo il pasto preparato dai congiunti sopra il desco con una minestra con orzo, fagioli, rape e patate. Nella Valle di Andorno si preparano le castagne cotte accanto al fuoco che rimane acceso per riscaldare le anime dei morti.
Alle origini Germaniche del mito, nel XII secolo si aggiunge la dimensione cristiana delle "anime del Purgatorio", che troviamo nelle nostre Regioni, come nella memoria di mia nonna Rosinella nata nel 1900. E mentre nella nostra Capitanata troviamo la calzetta dei Morti, in Umbria troviamo il dolce delle "fave dei morti" e in Campania "il pane dei morti". Erano e sono le "anime dei Morti", non gli scheletri dei morti, che valorizzano la parte affettiva e spirituale della persona, che vive, che ama, che condivide. Sono "l'àneme de li Mùrte" evocate dal proverbio popolare, raccontato dal libro di dialettologia "Sulle vie dei ciottoli del dialetto canosino", che così evoca: "l'àneme de li Mùrte / annéuce ca pùrte", quando i bambini giravano per le case di amici e parenti scambiandosi i doni, precorrendo il fenomeno importato di "scherzetto o dolcetto". Dalla Provincia di Gorizia, nelle ricerche della Grande Guerra, apprendendo questa tradizione, hanno apprezzato il valore umano, culturale ed educativo della tradizione della "calzetta dei Morti". "M'arrecòrde" quella poesia "la calzétte de li mùrte", che abbiamo recitato e offerto in costume di nonno e in forte condivisione al banchetto del Convegno Regionale dei Cavalieri della Repubblica Italiana, con il sorriso ed il sentimento umano nel giorno del 28 Ottobre tra i commensali ed il Presidente dell'ANCRI BAT Canusium, Cavaliere Cosimo Sciannamea.
Quanne jève criatéure, jìnd'a chèse,
« pòrte apérte a ce trèse »,
trasévene péure li parìnde mùrte
e jò sunnève « nonò ce me pùrte? »
Jòsce li condomìnie òne sbarrète le pùrte
e nan tràsene mànghe li mùrte!
Ma i banchi di Scuola della "E. De Muro Lomanto" dei bambini hanno aperto la Scuola ed il progetto, divenuto dono a Don Michele Malcangio e alla Caritas, con la collaborazione dei genitori e delle mamme, compiendo un atto bontà. Questa notte riapriamo il cuore della casa, lasciamo imbandita la tavola e facciamo sognare i bambini al risveglio, trovando e gustando la calzetta dei Morti e scambiandola come dono, rievocando la sapienza popolare del proverbio dei nostri padri che raccontano anche in cielo fra gli Angeli "l'àneme de li Mùrte / annéuce ca pùrte".
Bambini sognate i cari defunti, che non sono fantasmi, ma anime e portano i doni come segno di affetto e di protezione dal cielo sulla terra.
Buona calzetta a tutti!
maestro Peppino Di Nunno
La calzetta dei Morti ha apportato anche una educazione ai prodotti della terra della stagione e ai dolcetti che riempivano la calzetta, dai taralli scaldati ai mostaccioli con il vino cotto, cui possiamo accostare il gusto salutare della zucca, della "checòzze" riscoperta da Halloween. La tradizione gastronomica si ritrova anche in Umbria con i dolcetti delle "fave dei morti" nella comune tradizione dei morti della credenza popolare della notte tra il 1° e il 2 Novembre, quando i cari defunti familiari tornano nel nostro mondo per visitare i luoghi della vita e la casa di famiglia sedendosi al banchetto lasciato imbandito come convivio tra viventi e morti e lasciando i doni nella calza appesa al letto, segno dell'impronta del proprio cammino. Era il cammino, la processione che proseguiva fino all'Epifania del 6 gennaio, partecipando al rito e al Mistero della Natività. Nei Fioretti di San Francesco si trovano le tracce di una processione dei santi morti in una Valle presso la Chiesa di San Lorenzo in preghiera. Anche in regioni alpine nelle Valli di Lanzo, i Morti procedono soccorrendo i pastori smarriti sulle montagne. Nel Biellese e sui Monti del Trentino, la credenza della processione dei Morti nella notte del primo Novembre, nella reminiscenza delle credenze pagane e poi cristiane, rappresenta i defunti che visitano le case condividendo il pasto preparato dai congiunti sopra il desco con una minestra con orzo, fagioli, rape e patate. Nella Valle di Andorno si preparano le castagne cotte accanto al fuoco che rimane acceso per riscaldare le anime dei morti.
Alle origini Germaniche del mito, nel XII secolo si aggiunge la dimensione cristiana delle "anime del Purgatorio", che troviamo nelle nostre Regioni, come nella memoria di mia nonna Rosinella nata nel 1900. E mentre nella nostra Capitanata troviamo la calzetta dei Morti, in Umbria troviamo il dolce delle "fave dei morti" e in Campania "il pane dei morti". Erano e sono le "anime dei Morti", non gli scheletri dei morti, che valorizzano la parte affettiva e spirituale della persona, che vive, che ama, che condivide. Sono "l'àneme de li Mùrte" evocate dal proverbio popolare, raccontato dal libro di dialettologia "Sulle vie dei ciottoli del dialetto canosino", che così evoca: "l'àneme de li Mùrte / annéuce ca pùrte", quando i bambini giravano per le case di amici e parenti scambiandosi i doni, precorrendo il fenomeno importato di "scherzetto o dolcetto". Dalla Provincia di Gorizia, nelle ricerche della Grande Guerra, apprendendo questa tradizione, hanno apprezzato il valore umano, culturale ed educativo della tradizione della "calzetta dei Morti". "M'arrecòrde" quella poesia "la calzétte de li mùrte", che abbiamo recitato e offerto in costume di nonno e in forte condivisione al banchetto del Convegno Regionale dei Cavalieri della Repubblica Italiana, con il sorriso ed il sentimento umano nel giorno del 28 Ottobre tra i commensali ed il Presidente dell'ANCRI BAT Canusium, Cavaliere Cosimo Sciannamea.
Quanne jève criatéure, jìnd'a chèse,
« pòrte apérte a ce trèse »,
trasévene péure li parìnde mùrte
e jò sunnève « nonò ce me pùrte? »
Jòsce li condomìnie òne sbarrète le pùrte
e nan tràsene mànghe li mùrte!
Ma i banchi di Scuola della "E. De Muro Lomanto" dei bambini hanno aperto la Scuola ed il progetto, divenuto dono a Don Michele Malcangio e alla Caritas, con la collaborazione dei genitori e delle mamme, compiendo un atto bontà. Questa notte riapriamo il cuore della casa, lasciamo imbandita la tavola e facciamo sognare i bambini al risveglio, trovando e gustando la calzetta dei Morti e scambiandola come dono, rievocando la sapienza popolare del proverbio dei nostri padri che raccontano anche in cielo fra gli Angeli "l'àneme de li Mùrte / annéuce ca pùrte".
Bambini sognate i cari defunti, che non sono fantasmi, ma anime e portano i doni come segno di affetto e di protezione dal cielo sulla terra.
Buona calzetta a tutti!
maestro Peppino Di Nunno