Stilus Magistri
La Processione dei Morti
Tra calze, falò e “còcce” del Purgatorio
martedì 1 novembre 2016
10.02
È la notte tra il 1 e 2 Novembre, quando ricorre dopo Ognissanti la commemorazione dei Defunti. Le credenze popolari della nostra terra vengono, nei vuoti della conoscenza, soppiantate dalla festa di Halloween, peraltro snaturata nelle radici originarie dal consumismo, dal terrore delle maschere,fino alla maschera attuale del clown, diventando terreno di coltura per l'esternazione di vuoti esistenziali che degenerano in comportamenti non di festa, ma di insulto ai vivi e ai morti. La credenza popolare di origini pagane della processione dei Morti, rappresenta i defunti che vagano in processione dalla notte del 1 Novembre fino al 6 gennaio. Lo abbiamo scritto nel proverbio n. 754 nel libro "Sulle vie dei ciottoli del dialetto canosino" del maestro Giuseppe Di Nunno: "tùtte fìste on'arruè, da fòre la Pasqua Befanóje" (tutte le feste possano arrivare, tranne la Pasqua Epifania).
Le radici pagane della credenza della Capitanata e quindi della Daunia, rimandano al mito di Persefone, o Proserpina, sposa al dio Ade e quindi signora degli Inferi, che rappresenta l'immortalità dell'anima e visita la madre terra Demetra. Il Pittore Rossetti la ritrae nel 1878 con un melograno, scrivendo una poesia nel cartiglio in alto sulla sua infelicità. La Processione dei Morti dall'800 ha il significato del legame tra i viventi e i defunti, di un legame non di terrore, ma di amore, di affetti familiari che lasciano la casa aperta e la tavola imbandita, dove il banchetto è segno di comunione ed il cibo è segno di vita, mentre i frutti della terra concludono la sua feconda ciclicità della stagione. Ritroviamo la credenza popolare in tutta la Capitanata, da Canosa a Foggia, a Manfredonia, a Mattinata, a Rignano Garganico, fino ai famosi falò della notte dei fuochi di Orsara di Puglia, con i "fucacoste e Cocce Priatòrije", cioè con i falò e le cozze, le teste delle anime del Purgatorio, rappresentate dalle zucche intagliate e accese.
L'anno scorso sono state anche rappresentate in Chiesa a Orsara nella preghiera alle anime del Purgatorio, nello spirito cristiano della Fede. Ma perché Orsara conserva, promuove e festeggia le zucche ed i falò della notte dei Morti e noi cancelliamo le radici, copiamo succubi e snaturiamo il mistero della Morte? Bene ha fatto la Maestra Rossella a far conoscere la nostra cultura nella tradizione popolare di Orsara, di una terra di cui facciamo parte da secoli.
Nella cultura sapiente, umana e religiosa, i nostri padri invocavano la protezione delle "àneme du Pregatòrie" e i genitori defunti vengono ancora menzionati ne "la bon'àneme d'attànete". I Morti sono quindi concepiti e vissuti come "buone anime" e non come volti macabri e di terrore. Lo stesso poeta Foscolo laicamente riporta una "egregia corrispondenza di amorosi sensi".
In questa filosofia popolare umana e religiosa nella terra della Capitanata emerge la tradizione della "calza dei morti", un tempo piena di frutti della terra e poi di dolciumi. Secondo la credenza i nonni morti, la lasciavano appesa al letto in visita nelle nostre case, come evocata nella poesia in dialetto "la calzétte de li Mùrte". La simbologia della Calza dei Morti della nostra terra si ritrova nel significato del piede, che costituisce l'orma, la traccia del cammino sulla terra e nell'aldilà. Ma la calza con i frutti ci ricorda anche la cornucopia, simbolo di fortuna e di abbondanza. Dal parrucchiere ho incontrato un bambino di dieci anni, Alessandro, che così condivide la festa "scherzetto o dolcetto!": "mi piace incontrare gli amici e avere delle cose dolci". Dunque è un problema di porre dei contenuti culturali alla festa. Ma, caro Alessandro,come facevano i tuoi nonni, puoi fare lo stesso con gli amici, bussando alle case dei parenti e fare uno scambio di doni, di dolci, recitando il proverbio "l'àneme de li mùrte, annéuce ca pùrte!". Le nostre radici, le nostre tradizioni sono la nostra identità che educa a vivere un rapporto affettivo tra i viventi e i defunti. A Canosa di Puglia(BT) ogni visita negli Ipogei, sepolcri nel grembo della terra, è una discesa nell'Ade, ma non di terrore, ma di sacralità e di antiche civiltà, nel culto dei Morti. Accendiamo questa sera sul davanzale della finestra un cero acceso che porta in cielo il nostro pensiero ai cari defunti. Affidiamo i nostri defunti, le anime del Purgatorio ai nostri buoni sentimenti e alla Madre Maria Santissima che accoglie i defunti, come è scritto in latino sulla Cappella monumentale del nostro CAMPOSANTO: DEIPARAE GRATIARUM DOMINAE DEFUNCTOS SOSPITANTI, "alla Madre di Dio, Madonna delle Grazie che Protegge i Defunti",… e così sia!
Maestro Peppino Di Nunno
Le radici pagane della credenza della Capitanata e quindi della Daunia, rimandano al mito di Persefone, o Proserpina, sposa al dio Ade e quindi signora degli Inferi, che rappresenta l'immortalità dell'anima e visita la madre terra Demetra. Il Pittore Rossetti la ritrae nel 1878 con un melograno, scrivendo una poesia nel cartiglio in alto sulla sua infelicità. La Processione dei Morti dall'800 ha il significato del legame tra i viventi e i defunti, di un legame non di terrore, ma di amore, di affetti familiari che lasciano la casa aperta e la tavola imbandita, dove il banchetto è segno di comunione ed il cibo è segno di vita, mentre i frutti della terra concludono la sua feconda ciclicità della stagione. Ritroviamo la credenza popolare in tutta la Capitanata, da Canosa a Foggia, a Manfredonia, a Mattinata, a Rignano Garganico, fino ai famosi falò della notte dei fuochi di Orsara di Puglia, con i "fucacoste e Cocce Priatòrije", cioè con i falò e le cozze, le teste delle anime del Purgatorio, rappresentate dalle zucche intagliate e accese.
L'anno scorso sono state anche rappresentate in Chiesa a Orsara nella preghiera alle anime del Purgatorio, nello spirito cristiano della Fede. Ma perché Orsara conserva, promuove e festeggia le zucche ed i falò della notte dei Morti e noi cancelliamo le radici, copiamo succubi e snaturiamo il mistero della Morte? Bene ha fatto la Maestra Rossella a far conoscere la nostra cultura nella tradizione popolare di Orsara, di una terra di cui facciamo parte da secoli.
Nella cultura sapiente, umana e religiosa, i nostri padri invocavano la protezione delle "àneme du Pregatòrie" e i genitori defunti vengono ancora menzionati ne "la bon'àneme d'attànete". I Morti sono quindi concepiti e vissuti come "buone anime" e non come volti macabri e di terrore. Lo stesso poeta Foscolo laicamente riporta una "egregia corrispondenza di amorosi sensi".
In questa filosofia popolare umana e religiosa nella terra della Capitanata emerge la tradizione della "calza dei morti", un tempo piena di frutti della terra e poi di dolciumi. Secondo la credenza i nonni morti, la lasciavano appesa al letto in visita nelle nostre case, come evocata nella poesia in dialetto "la calzétte de li Mùrte". La simbologia della Calza dei Morti della nostra terra si ritrova nel significato del piede, che costituisce l'orma, la traccia del cammino sulla terra e nell'aldilà. Ma la calza con i frutti ci ricorda anche la cornucopia, simbolo di fortuna e di abbondanza. Dal parrucchiere ho incontrato un bambino di dieci anni, Alessandro, che così condivide la festa "scherzetto o dolcetto!": "mi piace incontrare gli amici e avere delle cose dolci". Dunque è un problema di porre dei contenuti culturali alla festa. Ma, caro Alessandro,come facevano i tuoi nonni, puoi fare lo stesso con gli amici, bussando alle case dei parenti e fare uno scambio di doni, di dolci, recitando il proverbio "l'àneme de li mùrte, annéuce ca pùrte!". Le nostre radici, le nostre tradizioni sono la nostra identità che educa a vivere un rapporto affettivo tra i viventi e i defunti. A Canosa di Puglia(BT) ogni visita negli Ipogei, sepolcri nel grembo della terra, è una discesa nell'Ade, ma non di terrore, ma di sacralità e di antiche civiltà, nel culto dei Morti. Accendiamo questa sera sul davanzale della finestra un cero acceso che porta in cielo il nostro pensiero ai cari defunti. Affidiamo i nostri defunti, le anime del Purgatorio ai nostri buoni sentimenti e alla Madre Maria Santissima che accoglie i defunti, come è scritto in latino sulla Cappella monumentale del nostro CAMPOSANTO: DEIPARAE GRATIARUM DOMINAE DEFUNCTOS SOSPITANTI, "alla Madre di Dio, Madonna delle Grazie che Protegge i Defunti",… e così sia!
Maestro Peppino Di Nunno