Stilus Magistri
Le bocche di… Leone a Canosa
Parlano della vendemmia in festa
mercoledì 7 ottobre 2015
17.45
Nel silenzio sotterraneo del tufo, nelle cave di periferia di Canosa di Puglia(BT), in via Lavello, accanto alle lucerne di terracotta e ai fregi scolpiti in tufo da Sabino Leone, un parco museale inebriato di bollicine del Nero di Troia, rievoca le radici delle vite dei nostri campi. Le piantine delle bocche di leone, che vengono offerte in omaggio ai visitatori, sembrano la bocca di Sabino Leone, che parla della vendemmia in festa, con i bambini delle scuole che provengono da Canosa e dai paesi limitrofi. Qui la Scuola si fa laboratorio in un'esperienza di natura, di ambiente, di musica, di sapori mediterranei, mentre dal forno a legna si gusta calda una pizza fragrante. Ci ritroviamo anche oggi, 7 ottobre 2015, con i bambini della Scuola Primaria del 3° Circolo " Riccardo Cotugno" di Andria(BT), con i bambini che si accostano col bicchiere al torchio antico per gustare il dolce succo d'uva.
Con gli amici Sabino Mazzarella e Bartolo Carbone, ci accostiamo al vegliardo padre Saverio Leone, che con l'amico vegliardo Mario Caporale, rievoca la vendemmia in festa del '900, al tempo del carretto e del tino, dove i nudi piedi pigiavano le uve, al tempo delle cantine sotterranee in tufo di Canosa. "Ogni chicco d'uva, un raggio di sole" - evocavano i nostri nonni - ma oggi, ogni chicco d'uva un sorso di succo! E Sabino Leone con la sua leonina criniera invita i bambini al torchio ad assaporare il dolce elisir, che poi nei tini si farà mosto e vino per il gusto equlibrato della nostra tavola. Ma dai tratturi e dai tinali del '900, ritroviamo in anteprima nelle ricerche storiche e filologiche del Saggio sul Dialetto canosino del maestro Peppino le stesse tradizioni della vendemmia descritta da Plinio il Giovane ed in particolare dal poeta latino Orazio, che invitando Mecenate a cena, così scrive nelle Odi, 1, 20: "et prelo domitam Caleno tu bibes uvam" ( e tu berrai l'uva spremuta col torchio caleno).
Qui, tra le bocche di… Leone, non si trattra del torchio caleno, della città di Cales, oggi Calvi in Campania, ma del torchio canosino, che fra i 150 tinali esistenti ha spremuto tante uve del territorio. La festa continua dall'Antica Roma ai tempi attuali, mentre citiamo con le brave maestre di Andria il vocabolo in dialetto canosino e andriese: "u raciùppe", il grappolo d'uva spremuta col torchio. Parafrasando la poesia "I Pastori" di Gabriele D'Annunzio, possiamo dire con i bambini della Scuola, con i giovani studenti di oggi: "Ottobre, andiamo. È tempo di vendemmiare!". Dopo il succo d'uva, sarà mosto e dopo il mosto, sarà vino, ma basterà un bicchierino… parola del maestro Peppino, come ho dedicato all'amico Michele Acquaviva della tipografia, nel giorno del suo Onomastico e come ora estendo a tutti.
Le mìre
Quàne te vénnene li male penzìre,
vόve nu rezzùle de mìre,
nu rezzùle de mìre négre
e te sìnde cchiù allégre,
nu rezzùle, nàune nu vechèle,
ca po' aggiόre la chèpe a Mechèle!
Buona vendemmia a tutti!
maestro Peppino Di Nunno (stilus magistri)
Foto di Sabino Mazzarella
Con gli amici Sabino Mazzarella e Bartolo Carbone, ci accostiamo al vegliardo padre Saverio Leone, che con l'amico vegliardo Mario Caporale, rievoca la vendemmia in festa del '900, al tempo del carretto e del tino, dove i nudi piedi pigiavano le uve, al tempo delle cantine sotterranee in tufo di Canosa. "Ogni chicco d'uva, un raggio di sole" - evocavano i nostri nonni - ma oggi, ogni chicco d'uva un sorso di succo! E Sabino Leone con la sua leonina criniera invita i bambini al torchio ad assaporare il dolce elisir, che poi nei tini si farà mosto e vino per il gusto equlibrato della nostra tavola. Ma dai tratturi e dai tinali del '900, ritroviamo in anteprima nelle ricerche storiche e filologiche del Saggio sul Dialetto canosino del maestro Peppino le stesse tradizioni della vendemmia descritta da Plinio il Giovane ed in particolare dal poeta latino Orazio, che invitando Mecenate a cena, così scrive nelle Odi, 1, 20: "et prelo domitam Caleno tu bibes uvam" ( e tu berrai l'uva spremuta col torchio caleno).
Qui, tra le bocche di… Leone, non si trattra del torchio caleno, della città di Cales, oggi Calvi in Campania, ma del torchio canosino, che fra i 150 tinali esistenti ha spremuto tante uve del territorio. La festa continua dall'Antica Roma ai tempi attuali, mentre citiamo con le brave maestre di Andria il vocabolo in dialetto canosino e andriese: "u raciùppe", il grappolo d'uva spremuta col torchio. Parafrasando la poesia "I Pastori" di Gabriele D'Annunzio, possiamo dire con i bambini della Scuola, con i giovani studenti di oggi: "Ottobre, andiamo. È tempo di vendemmiare!". Dopo il succo d'uva, sarà mosto e dopo il mosto, sarà vino, ma basterà un bicchierino… parola del maestro Peppino, come ho dedicato all'amico Michele Acquaviva della tipografia, nel giorno del suo Onomastico e come ora estendo a tutti.
Le mìre
Quàne te vénnene li male penzìre,
vόve nu rezzùle de mìre,
nu rezzùle de mìre négre
e te sìnde cchiù allégre,
nu rezzùle, nàune nu vechèle,
ca po' aggiόre la chèpe a Mechèle!
Buona vendemmia a tutti!
maestro Peppino Di Nunno (stilus magistri)
Foto di Sabino Mazzarella