Stilus Magistri
Medaglia d’onore del Presidente della Repubblica al soldato canosino Giovanni Di Nunno, “carrettiere”
Conferita a Barletta nella Festa della Repubblica
giovedì 4 giugno 2015
22.08
Il 2 giugno 2015, nel 70° anniversario della Liberazione, nella cerimonia della Festa della Repubblica a Barletta nella sede della Prefettura, è stata conferita una medaglia d'onore 'in memoria' al canosino Di Nunno Giovanni, nato il 1920 e soldato di leva nel secondo conflitto mondiale. Nel foglio matricolare ricercato dal figlio Peppino Di Nunno, viene riportato il ruolo di lavoro di "carrettiere" ed assegnato dal 1939, a 19 anni, "al contigente della Reggia aeronautica della classe 1920 e messo poi a disposizione del Reggio Esercito" come "artigliere contraerei", con ricoveri in ospedali militari da campo, assegnato al 30° Reggimento Artiglieria di Brescia; infatti sulla sua foto la pulce dello stemma del berretto di soldato riporta il numero 30. Dopo due anni di serivizio di leva e due anni di soldato in guerra fino al 1943, approda a Patrasso nella Campagna italiana di Grecia. Qui, lo sconvolgimento dei fronti bellici, derivato dall'8 Settembre 1943 con l'Armistizio, lo porta, tra le migliaia di soldati italiani, all'arresto da parte delle forze militari naziste per essere deportato in Germania nei campi di prigionia militare, destinato ai lavori coatti. "Da bambini, noi figli ascoltavamo papà parlare a volte in greco o in tedesco, comprendendo in seguito dei luoghi vissuti di guerra".
Il figlio primogenito, prof. Pasquale Di Nunno, giunto da Vittorio Veneto per l'onorificenza, studiando la lingua del tedesco, ricorda l'inizio della ricerca: "la sede del campo di prigionia, come racconta mio padre, era nel campo Stalag III di Luckenwalde a sud di Berlino". Ma la memoria affettiva e storica della sua testimonianza è custodita dalla moglie Rosa Mastrapasqua, vivente nei suoi 90 anni, fragile, ma lucida nei ricordi: "sua madre, Angela Del Vento, parlava del figlio Giovannino, unico maschio di cinque figli. Si affacciava come vicina di strada sul marciapiede, indossando la veste nera in segno di lutto per il figlio, di cui non aveva più notizie, dicendo in dialetto: dite una requiem eternam a mio figlio!"
Infatti per due lunghi inverni dal '43 al '45 non fu consentito al soldato prigioniero di comunicare con la famiglia, mentre verso la fine, il prigioniero canosino si rifugiò con pericolo di vita, nella masseria di una madre tedesca, che gli diede accoglienza dicendo: "ho due figli in guerra sul fronte russo, ma non ho notizie. Spero che altri facciano ai mei figli, quello che faccio a te". L'amore delle madri della guerra hanno unito i fronti bellici contrapposti e la Liberazione dell'Armata Rossa di Berlino, portò il soldato canosino Di Nunno Giovanni a pensare che "la vita è bella" e a ritornare con vestiti laceri, con il treno e mezzi di fortuna da Berlino a Canosa di Puglia. "La madre ebbe un forte spavento nel rivederlo, incredula" , ma l'anno successivo nel '46 Giovannino si sposò, e oggi noi figli della Liberazione, Lillino, Peppino, Grazia, Rosanna, facciamo memoria del soldato che parlva in greco e in tedesco, ma che non parlava volentieri dell'odissea della prigionia in Germania.
Il figlio secondogenito, maestro Peppino, nella ricerca storica, presso la Croce Rossa e il Campo di Luckenwalde , oggi museo, ha offerto una pagina formativa del soldato "carrettiere" agli studenti del Liceo Statale Enrico Fermi di Canosa, il 27 Gennaio 2014, nel Giorno della Memoria, nell'ambito dell'art. 2 della Legge n. 211 del 2000, che fa memoria dei "deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere". Lo Stato politico e militare dell'epoca dell'Armistizio lasciò questi soldati italiani nello stato di abbandono, con il regime nazista, che impedì l'accesso della Croce Rossa, rimuovendo il diritto di prigionieri militari. Alcuni morirono e furono sepolti presso il campo, alcuni sopravvissero, pur dati per dispersi e morti. "Libero, papà ritornò a casa sua, a Canosa, perciò esisto!".
La medaglia è stata consegnata alla presenza del Sindaco del Comune di Canosa, dott. Ernesto La Salvia, dell'Assessore alla Cultura, prof. Sabino Facciolongo, del Sindaco di Barletta, dott. Pasquale Cascella, che lesse con impressione la sua storia da Consigliere del Presidente della Repubblica Napolitano nel 2010, alla presenza di S. E. Prefetto della BAT, Dott.ssa Clara Minerva. Davanti alla foto del soldato canosino, dedichiamo questa medaglia ai "carrettieri" che in gioventù hanno lasciato i campi e la terra per andare in guerra. Nostro padre diceva in dialetto "è brutta la guerra!". Con le parole viventi di nostra madre Rosetta novantenne, dedichiamo questa medaglia alla madre del soldato canosino, alla madre tedesca, alle madri della Guerra, che hanno amato, che hanno pianto, che hanno pregatoe e sperato nella pace.
Grazie Sig. Presidente della Repubblica! Grazie papà!
Il figlio Peppino Di Nunno
Il figlio primogenito, prof. Pasquale Di Nunno, giunto da Vittorio Veneto per l'onorificenza, studiando la lingua del tedesco, ricorda l'inizio della ricerca: "la sede del campo di prigionia, come racconta mio padre, era nel campo Stalag III di Luckenwalde a sud di Berlino". Ma la memoria affettiva e storica della sua testimonianza è custodita dalla moglie Rosa Mastrapasqua, vivente nei suoi 90 anni, fragile, ma lucida nei ricordi: "sua madre, Angela Del Vento, parlava del figlio Giovannino, unico maschio di cinque figli. Si affacciava come vicina di strada sul marciapiede, indossando la veste nera in segno di lutto per il figlio, di cui non aveva più notizie, dicendo in dialetto: dite una requiem eternam a mio figlio!"
Infatti per due lunghi inverni dal '43 al '45 non fu consentito al soldato prigioniero di comunicare con la famiglia, mentre verso la fine, il prigioniero canosino si rifugiò con pericolo di vita, nella masseria di una madre tedesca, che gli diede accoglienza dicendo: "ho due figli in guerra sul fronte russo, ma non ho notizie. Spero che altri facciano ai mei figli, quello che faccio a te". L'amore delle madri della guerra hanno unito i fronti bellici contrapposti e la Liberazione dell'Armata Rossa di Berlino, portò il soldato canosino Di Nunno Giovanni a pensare che "la vita è bella" e a ritornare con vestiti laceri, con il treno e mezzi di fortuna da Berlino a Canosa di Puglia. "La madre ebbe un forte spavento nel rivederlo, incredula" , ma l'anno successivo nel '46 Giovannino si sposò, e oggi noi figli della Liberazione, Lillino, Peppino, Grazia, Rosanna, facciamo memoria del soldato che parlva in greco e in tedesco, ma che non parlava volentieri dell'odissea della prigionia in Germania.
Il figlio secondogenito, maestro Peppino, nella ricerca storica, presso la Croce Rossa e il Campo di Luckenwalde , oggi museo, ha offerto una pagina formativa del soldato "carrettiere" agli studenti del Liceo Statale Enrico Fermi di Canosa, il 27 Gennaio 2014, nel Giorno della Memoria, nell'ambito dell'art. 2 della Legge n. 211 del 2000, che fa memoria dei "deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere". Lo Stato politico e militare dell'epoca dell'Armistizio lasciò questi soldati italiani nello stato di abbandono, con il regime nazista, che impedì l'accesso della Croce Rossa, rimuovendo il diritto di prigionieri militari. Alcuni morirono e furono sepolti presso il campo, alcuni sopravvissero, pur dati per dispersi e morti. "Libero, papà ritornò a casa sua, a Canosa, perciò esisto!".
La medaglia è stata consegnata alla presenza del Sindaco del Comune di Canosa, dott. Ernesto La Salvia, dell'Assessore alla Cultura, prof. Sabino Facciolongo, del Sindaco di Barletta, dott. Pasquale Cascella, che lesse con impressione la sua storia da Consigliere del Presidente della Repubblica Napolitano nel 2010, alla presenza di S. E. Prefetto della BAT, Dott.ssa Clara Minerva. Davanti alla foto del soldato canosino, dedichiamo questa medaglia ai "carrettieri" che in gioventù hanno lasciato i campi e la terra per andare in guerra. Nostro padre diceva in dialetto "è brutta la guerra!". Con le parole viventi di nostra madre Rosetta novantenne, dedichiamo questa medaglia alla madre del soldato canosino, alla madre tedesca, alle madri della Guerra, che hanno amato, che hanno pianto, che hanno pregatoe e sperato nella pace.
Grazie Sig. Presidente della Repubblica! Grazie papà!
Il figlio Peppino Di Nunno