Stilus Magistri
Ricerche Storiche 2^ Parte : Il Dies Natalis di San Sabino (9 Febbraio) e la vita del Santo !
A cura del maestro Peppino Di Nunno
mercoledì 8 febbraio 2012
Il dies natalis di San Sabino (9 Febbraio) e la vita del Santo nell'arte del Boccati nel Duomo di Orvieto e nella letteratura di San Gregorio Magno. (2^ parte)
San Sabino già compatrono di Orvieto nelle radici dell'XI secolo.
La venerazione a San Sabino a Orvieto affonda le radici nei secoli che precedono l'arte del Boccati, già dall' XI secolo con l'edificio sacro attiguo alla Chiesa di San Giovenale.
Va osservato che nel Duomo di Orvieto è custodita anche una pala d'altare che raffigura San Giovenale e San Savino, due "santi compatroni", in rispondenza a due antichi edifici sacri: la stessa antica Chiesa di San Giovenale del 1004 aveva il titulus di "San Giovenale e San Sabino" compatroni e contitolari. Nel Duomo di Orvieto si custodisce anche un monumentale reliquiario alto cm 105 di un osso del cranio di San Savino, meravigliosa opera d'arte della venerazione a San Savino e degli episodi prodigiosi della vita del Vescovo canosino riprodotti in smalto alla base.
Un'altra opera artistica di Jacopo da Bologna attesta il culto a San Savino accanto a S. Giovenale: si tratta della pala (cm. 108 x 205) proveniente dall'antica Chiesa di San Giovenale, danneggiata dal tempo, custodita nel Museo del Duomo di Orvieto dal 1882. La pala rappresenta la Madonna con Bambinoi tra i Santi Giovenale e Savino, Contitolari della Chiesa.
Il culto a San Savino dopo il '700 si è affievolito nella memoria liturgica, ma restano le opere d'arte
ad attestare la storia e la cultura religiosa nella magnificenza del Duomo di Orvieto.
Accostiamoci ora nella nostra ricerca storica agli scomparti della predella e alle quattro tavolette smembrate in diversi musei, essendo riusciti a ricomporla nelle quattro immagini degli episodi prodigiosi della vita di San Sabino, descritti nei Dialoghi di San Gregorio Magno, di cui trascriviamo la fonte letteraria in Latino.
1. S. Savino in colloquio con S. Benedetto (Riproduzione Vietata)
La tavoletta, custodita a Madrid, ritrae l'incontro tra l'abate Benedetto ed il Vescovo della Chiesa canosina.
Canusinæ Antistites Ecclesiæ ad eumdem Dei famulum venire consueverat, quem vir Dei pro vitæ suæ merito valde diligebat (Dialoghi di San Gregorio Magno, Libro II, 15).
Il Vescovo della Chiesa Canosina era solito recarsi dallo stesso Servo di Dio (Benedetto), che l'uomo di Dio (Sabino) molto amava per le virtù della sua vita.
Si tratta del sublime legame di amicizia tra l'abate di Cassino ed il Vescovo della Chiesa canosina, che ha sigillato la figura di San Sabino nei centri monastici benedettini in Italia e in Europa.
2. Il banchetto di re Totila (o San Savino cieco riconosce re Totila) (Riproduzione Vietata)
La tempera su tavola di dimensioni cm. 30 x 41, sorprende e illumina la nostra ricerca, essendo custodita nel nostro territorio, a Bari presso la Pinacoteca Provinciale "Corrado Giaquinto" che ci ha concesso l'immagine con l'allegata scheda tecnica.
La tavoletta è stata acquisita, in comodato d'uso, dalla collezione del Banco di Napoli ed attesta la "tipologia dei personaggi del Boccati con le caratteristiche fisionomie del naso camuso, degli occhi dai grandi bulbi rotondi infossati, dei volti tondeggianti".
Gli occhi chiusi dalla cecità raffigurano l'episodio tratto dai Dialoghi di S. Gregorio Magno (Libro II, 15) dell'incredulità manifestata da Totila, re dei Goti, circa le presunte qualità profetiche di San Savino. Trovandosi in Puglia il re Totila, invitato a pranza dal Presule, si sostituisce in silenzio al servo nell'offrirgli la coppa del vino, ma San Sabino riconosce l'appartenenza della mano a Totila ed esclama : VIVAT IPSA MANUS (Possa vivere questa mano!). La scena si svolge in un interno, visto in prospettiva, aperto sulla parete di fondo su una luminosa veduta urbana".
L'incontro avvenne intorno al 546 nella residenza episcopale nella vetusta urbs di Canusium e, nella topica agiografica, attesta le capacità politico-diplomatiche del Vescovo Sabino, che svolge la funzione di difensore e di pater urbis della pace e della sicurezza della città durante l'invasione e le distruzioni dei Goti.
Quidam enim religiosi viri Apuliae provinciae partibus cogniti, hoc quod apud multorum notitiam longe lateque percrebuit, de Sabino Canusinae urbis episcopo testari solent, quia idem vir longo jam senio oculorum lumen amiserat, ita ut omnimodo nil videret.
Infatti alcuni uomini pii, noti nelle parti della provincia della Puglia, sono soliti testimoniare riguardo a Sabino Vescovo della città canosina, ciò che presso la conoscenza di molti si diffuse in lungo e in largo, poiché lo stesso uomo nella lunga vecchiaia aveva perso la luce degli occhi, al punto da non vedere nessuna cosa di ogni genere.
Tunc vir Dei, accipiens calicem, sed tamen ministrum non videns, dixit: "Vivat ipsa manus". De quo verbo rex laetatus erubuit, quia quamvis ipse deprehensus fuisset, in viro tamen Dei quod quaerebat invenit.
Allora l'uomo di Dio, prendendo il calice, ma non vedendo tuttavia il servo, disse: "Possa vivere questa stessa mano!". Il re allietato da quella frase arrossì di vergogna, perché, sebbene egli fosse stato scoperto, trovò tuttavia ciò che cercava nell'uomo di Dio.
Ricerche storiche del maestro Peppino Di Nunno
Copyright - Riproduzione Vietata
San Sabino già compatrono di Orvieto nelle radici dell'XI secolo.
La venerazione a San Sabino a Orvieto affonda le radici nei secoli che precedono l'arte del Boccati, già dall' XI secolo con l'edificio sacro attiguo alla Chiesa di San Giovenale.
Va osservato che nel Duomo di Orvieto è custodita anche una pala d'altare che raffigura San Giovenale e San Savino, due "santi compatroni", in rispondenza a due antichi edifici sacri: la stessa antica Chiesa di San Giovenale del 1004 aveva il titulus di "San Giovenale e San Sabino" compatroni e contitolari. Nel Duomo di Orvieto si custodisce anche un monumentale reliquiario alto cm 105 di un osso del cranio di San Savino, meravigliosa opera d'arte della venerazione a San Savino e degli episodi prodigiosi della vita del Vescovo canosino riprodotti in smalto alla base.
Un'altra opera artistica di Jacopo da Bologna attesta il culto a San Savino accanto a S. Giovenale: si tratta della pala (cm. 108 x 205) proveniente dall'antica Chiesa di San Giovenale, danneggiata dal tempo, custodita nel Museo del Duomo di Orvieto dal 1882. La pala rappresenta la Madonna con Bambinoi tra i Santi Giovenale e Savino, Contitolari della Chiesa.
Il culto a San Savino dopo il '700 si è affievolito nella memoria liturgica, ma restano le opere d'arte
ad attestare la storia e la cultura religiosa nella magnificenza del Duomo di Orvieto.
Accostiamoci ora nella nostra ricerca storica agli scomparti della predella e alle quattro tavolette smembrate in diversi musei, essendo riusciti a ricomporla nelle quattro immagini degli episodi prodigiosi della vita di San Sabino, descritti nei Dialoghi di San Gregorio Magno, di cui trascriviamo la fonte letteraria in Latino.
1. S. Savino in colloquio con S. Benedetto (Riproduzione Vietata)
La tavoletta, custodita a Madrid, ritrae l'incontro tra l'abate Benedetto ed il Vescovo della Chiesa canosina.
Canusinæ Antistites Ecclesiæ ad eumdem Dei famulum venire consueverat, quem vir Dei pro vitæ suæ merito valde diligebat (Dialoghi di San Gregorio Magno, Libro II, 15).
Il Vescovo della Chiesa Canosina era solito recarsi dallo stesso Servo di Dio (Benedetto), che l'uomo di Dio (Sabino) molto amava per le virtù della sua vita.
Si tratta del sublime legame di amicizia tra l'abate di Cassino ed il Vescovo della Chiesa canosina, che ha sigillato la figura di San Sabino nei centri monastici benedettini in Italia e in Europa.
2. Il banchetto di re Totila (o San Savino cieco riconosce re Totila) (Riproduzione Vietata)
La tempera su tavola di dimensioni cm. 30 x 41, sorprende e illumina la nostra ricerca, essendo custodita nel nostro territorio, a Bari presso la Pinacoteca Provinciale "Corrado Giaquinto" che ci ha concesso l'immagine con l'allegata scheda tecnica.
La tavoletta è stata acquisita, in comodato d'uso, dalla collezione del Banco di Napoli ed attesta la "tipologia dei personaggi del Boccati con le caratteristiche fisionomie del naso camuso, degli occhi dai grandi bulbi rotondi infossati, dei volti tondeggianti".
Gli occhi chiusi dalla cecità raffigurano l'episodio tratto dai Dialoghi di S. Gregorio Magno (Libro II, 15) dell'incredulità manifestata da Totila, re dei Goti, circa le presunte qualità profetiche di San Savino. Trovandosi in Puglia il re Totila, invitato a pranza dal Presule, si sostituisce in silenzio al servo nell'offrirgli la coppa del vino, ma San Sabino riconosce l'appartenenza della mano a Totila ed esclama : VIVAT IPSA MANUS (Possa vivere questa mano!). La scena si svolge in un interno, visto in prospettiva, aperto sulla parete di fondo su una luminosa veduta urbana".
L'incontro avvenne intorno al 546 nella residenza episcopale nella vetusta urbs di Canusium e, nella topica agiografica, attesta le capacità politico-diplomatiche del Vescovo Sabino, che svolge la funzione di difensore e di pater urbis della pace e della sicurezza della città durante l'invasione e le distruzioni dei Goti.
Quidam enim religiosi viri Apuliae provinciae partibus cogniti, hoc quod apud multorum notitiam longe lateque percrebuit, de Sabino Canusinae urbis episcopo testari solent, quia idem vir longo jam senio oculorum lumen amiserat, ita ut omnimodo nil videret.
Infatti alcuni uomini pii, noti nelle parti della provincia della Puglia, sono soliti testimoniare riguardo a Sabino Vescovo della città canosina, ciò che presso la conoscenza di molti si diffuse in lungo e in largo, poiché lo stesso uomo nella lunga vecchiaia aveva perso la luce degli occhi, al punto da non vedere nessuna cosa di ogni genere.
Tunc vir Dei, accipiens calicem, sed tamen ministrum non videns, dixit: "Vivat ipsa manus". De quo verbo rex laetatus erubuit, quia quamvis ipse deprehensus fuisset, in viro tamen Dei quod quaerebat invenit.
Allora l'uomo di Dio, prendendo il calice, ma non vedendo tuttavia il servo, disse: "Possa vivere questa stessa mano!". Il re allietato da quella frase arrossì di vergogna, perché, sebbene egli fosse stato scoperto, trovò tuttavia ciò che cercava nell'uomo di Dio.
Ricerche storiche del maestro Peppino Di Nunno
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