Stilus Magistri
Sabato Santo : La DESOLATA di Canosa di Puglia
Il Giorno, il coro delle Dolenti, l’inno Maria Dolente
venerdì 7 aprile 2023
23.16
Nel triduo della Settimana Santa l'anima del Popolo rivive la tradizione della Processione della Desolata dalla Chiesa dei Santi Francesco e Biagio del '700.
Ero bambino, ricordo che a sei anni vestito da crociatino con veste bianca portavo una piccola croce seguendo la Processione, guidato dalla pia signorina Rita Morra.
Il Giorno del Sabato Santo
Ritroviamo in Puglia questo rito con la processione della Desolata a Canosa di Puglia e a Gallipoli nel mattino del Sabato Santo, che riconducono, a nostro avviso, ad una radice comune. Ritroviamo nelle ricerche storiche il culto del "Giorno di Maria Desolata", con "gli esercizi divoti in onore di Maria", "dalla sera del Venerdì Santo sino all'alba della Domenica di Pasqua".
Da un canto della Compagnia di Gesù, le fonti del 1817 riportano il Monastero Terra di Palma in Sicilia "dove ha avuto principio questa divozione". Il cantico del rito riporta nei testi parole a noi comuni: "O Desolata Maria, Gran Madre, il pianto mio.....allorchè pendeva dalla Croce". Ma la radice comune che ci riconduce ala Culto della Desolata di Canosa è rappresentato dall'Oremus del "posuit me desolatam" riportato nel cartiglio ottocentesco del simulacro di Canosa.
L'iscrizione del Sepolcro del simulacro
L'iscrizione riportata nel cartiglio della nuda pietra sepolcrale recita: SEPULCRUM DOMINI -POSUIT ME DESOLATAM. L'iscrizione è tratta dall'Antico Testamento, dalle Lamentazioni del profeta Geremia, che simboleggia la "desolazione del popolo" nella Lamentazione 3, v. 11. Nell'edizione latina della Vulgata di Isaia, il femminino dell'anima del popolo così viene annotata: "et confregit me, posuit me desolatam" ( Mi ha straziato, mi ha reso desolata).
Le Lamentazioni degli inni sacri
Il simulacro nel rito precede il rito delle velette nere e riconduce alle Lamentationes degli inni sacri (li lamìnde in dialetto del tempo di Mimmo Masotina bambino con sua madre).
"Mia madre mi prendeva per mano accompagnandomi in Chiesa e dicendo –scème a sémde li lamìnde" (andiamo a sentire i lamenti)".
Nell'inno a "Maria Dolente", le 300 Dolenti che si coprono il volto con una veletta nera in segno di lutto. Tale devozione è presente anche in Sicilia, dove lo scialle nero copre la faccia, come nelle " Maddalene" del Venerdì Santo di Militello Rosmarino, in un riferimento biblico del Profeta Isaia che presenta "l'uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia" (Isaia, 53, 3).
L'inno a MARIA DOLENTE
L'inno va ricercato nelle radici storiche e distinto tra testo e musica, approdati presumibilmente con i manoscritti che circolavano a mano nell'800, come ritiene il Maestro e Storico Claudio Del Medico di Conversano. È stata una nuova emozione negli anni scorsi ascoltarlo cantato con melodia gregoriana al telefono dall'anziano novantenne Sacerdote Don Giuseppe Gamba dei Salesiani, Docente della Basilica di Colle Don Bosco, nel Comune di Castelnuovo Don Bosco in Provincia di Asti, a 30 Km. Da Torino: "eravamo seminaristi e lo cantavamo nel Giovedì Santo sotto il porticato dietro la Basilica". Alla Sua memoria indirizziamo una preghiera dopo la sua morte avvenuta nel 2015, come ci comunicano oggi con gli Auguri di Pasqua. La conferma del testo ci riporta all'Archivio Centrale dei Salesiani di Roma, dove Don Luigi Cei così ci scriveva il 28 aprile 2011: "Il testo esiste con altre preghiere e lodi nelle edizioni del "Giovane Provveduto", libro di pratiche di pietà elaborato da Don Bosco e poi riedito in seguito". Infatti possiamo ricercare il testo in Italiano dell'Inno, ispirato alla Laude del XIII secolo di Jacopone da Todi, nelle Laudi Sacre degli scritti del MDCCCXLVII (1847) del "Giovane Provveduto" San Giovanni Bosco, nella parte terza, dove ritroviamo i versi a Maria Addolorata:
"Stava Maria Dolente / senza respiro e voce / mentre pendeva in Croce...."
L'inno Stava Maria Dolente nella devozione popolare è un canto liturgico e patrimonio spirituale della Chiesa, del Coro delle Dolenti e del Popolo canosino, che si ritrova il Sabato Santo ai piedi della DESOLATA, negli ultimi passi della Passione in attesa del Lumen Christi della Resurrezione del Signore.
Maestro Peppino Di Nunno
Ero bambino, ricordo che a sei anni vestito da crociatino con veste bianca portavo una piccola croce seguendo la Processione, guidato dalla pia signorina Rita Morra.
Il Giorno del Sabato Santo
Ritroviamo in Puglia questo rito con la processione della Desolata a Canosa di Puglia e a Gallipoli nel mattino del Sabato Santo, che riconducono, a nostro avviso, ad una radice comune. Ritroviamo nelle ricerche storiche il culto del "Giorno di Maria Desolata", con "gli esercizi divoti in onore di Maria", "dalla sera del Venerdì Santo sino all'alba della Domenica di Pasqua".
Da un canto della Compagnia di Gesù, le fonti del 1817 riportano il Monastero Terra di Palma in Sicilia "dove ha avuto principio questa divozione". Il cantico del rito riporta nei testi parole a noi comuni: "O Desolata Maria, Gran Madre, il pianto mio.....allorchè pendeva dalla Croce". Ma la radice comune che ci riconduce ala Culto della Desolata di Canosa è rappresentato dall'Oremus del "posuit me desolatam" riportato nel cartiglio ottocentesco del simulacro di Canosa.
L'iscrizione del Sepolcro del simulacro
L'iscrizione riportata nel cartiglio della nuda pietra sepolcrale recita: SEPULCRUM DOMINI -POSUIT ME DESOLATAM. L'iscrizione è tratta dall'Antico Testamento, dalle Lamentazioni del profeta Geremia, che simboleggia la "desolazione del popolo" nella Lamentazione 3, v. 11. Nell'edizione latina della Vulgata di Isaia, il femminino dell'anima del popolo così viene annotata: "et confregit me, posuit me desolatam" ( Mi ha straziato, mi ha reso desolata).
Le Lamentazioni degli inni sacri
Il simulacro nel rito precede il rito delle velette nere e riconduce alle Lamentationes degli inni sacri (li lamìnde in dialetto del tempo di Mimmo Masotina bambino con sua madre).
"Mia madre mi prendeva per mano accompagnandomi in Chiesa e dicendo –scème a sémde li lamìnde" (andiamo a sentire i lamenti)".
Nell'inno a "Maria Dolente", le 300 Dolenti che si coprono il volto con una veletta nera in segno di lutto. Tale devozione è presente anche in Sicilia, dove lo scialle nero copre la faccia, come nelle " Maddalene" del Venerdì Santo di Militello Rosmarino, in un riferimento biblico del Profeta Isaia che presenta "l'uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia" (Isaia, 53, 3).
L'inno a MARIA DOLENTE
L'inno va ricercato nelle radici storiche e distinto tra testo e musica, approdati presumibilmente con i manoscritti che circolavano a mano nell'800, come ritiene il Maestro e Storico Claudio Del Medico di Conversano. È stata una nuova emozione negli anni scorsi ascoltarlo cantato con melodia gregoriana al telefono dall'anziano novantenne Sacerdote Don Giuseppe Gamba dei Salesiani, Docente della Basilica di Colle Don Bosco, nel Comune di Castelnuovo Don Bosco in Provincia di Asti, a 30 Km. Da Torino: "eravamo seminaristi e lo cantavamo nel Giovedì Santo sotto il porticato dietro la Basilica". Alla Sua memoria indirizziamo una preghiera dopo la sua morte avvenuta nel 2015, come ci comunicano oggi con gli Auguri di Pasqua. La conferma del testo ci riporta all'Archivio Centrale dei Salesiani di Roma, dove Don Luigi Cei così ci scriveva il 28 aprile 2011: "Il testo esiste con altre preghiere e lodi nelle edizioni del "Giovane Provveduto", libro di pratiche di pietà elaborato da Don Bosco e poi riedito in seguito". Infatti possiamo ricercare il testo in Italiano dell'Inno, ispirato alla Laude del XIII secolo di Jacopone da Todi, nelle Laudi Sacre degli scritti del MDCCCXLVII (1847) del "Giovane Provveduto" San Giovanni Bosco, nella parte terza, dove ritroviamo i versi a Maria Addolorata:
"Stava Maria Dolente / senza respiro e voce / mentre pendeva in Croce...."
L'inno Stava Maria Dolente nella devozione popolare è un canto liturgico e patrimonio spirituale della Chiesa, del Coro delle Dolenti e del Popolo canosino, che si ritrova il Sabato Santo ai piedi della DESOLATA, negli ultimi passi della Passione in attesa del Lumen Christi della Resurrezione del Signore.
Maestro Peppino Di Nunno