Stilus Magistri
Sulle vie dimenticate di Diomede, Michele Menduni
Lo scopritore delle fonti storiche degli affreschi della Cattedrale San Sabino di Canosa.
domenica 20 luglio 2014
8.11
Ricorre il XV° Centenario dell'Episcopato del Vescovo Sabino, Santo Protettore di Canosa, in una datazione ritrovata nei miei studi, mentre risplendono nella storia, nell'arte, nella cristianità, gli affreschi riscoperti nella Cattedrale San Sabino, che hanno spogliato dei posticci intonaci la famosa cupola sabiniana, "monumento giustinianeo" del VI secolo.
Avremmo auspicato un riconoscimento formale, con le segnalazioni dalle Associazioni culturale e dalle Istituzioni, a Michele Menduni, architetto originario di Corato, studioso del patrimonio sabiniano, da noi segnalato alla storia e alla città nella sua scoperta sul portale www.canosinaviva.it il 13 febbraio 2013.
Riconosciamo la lettura diffusa del portale, che dalle radici di canosaweb porta quotidianamente in rete la vita di Canosa di Puglia, meritando un formale riconoscimento e riteniamo che i messaggeri e costruttori della storia e dell'arte meritino sul portale, attenzione e credito, più dei diffusori di immondizia abusiva, che deturpano la stessa vetrina di una città d'arte.
Non toccava alla mia persona raccogliere le firme per presentare il Menduni, in quanto l'attenzione e la condivisione culturale di uno scopritore, dovrebbe spontaneamente radicarsi nelle vie diomedee di Canosa, evocate ogni giorno dalle apprezzate iniziative della vita civile, ma notiamo che la figura del Menduni fiorentino e sabiniano, già apprezzata in un incontro dall'Università della Terza Età di Canosa, appare sfumata, se non trascurata nella ricerca storica degli affreschi, sconosciuti a tutti fino al 2011, coperti dagli stucchi marmorizzati nel progetto del Malcangi nel 1906, mentre i miei nonni materni giocavano da bambini e la mia bisnonna materna Di Palma Savina donava i suoi orecchini di oro a Padre Antonio Losito, nel dolore della figlia, per la colletta del popolo (STIPE CONLATA- POPVLVS CANVSINVS)..
Intendiamo perciò non tanto disapprovare alcuno, quanto approvare e accreditare i passi della storia che hanno scoperto lo splendore mancato nel restauro della Cattedrale e degli intonaci nei decenni scorsi.
Leggevo, come tanti, negli anni 80, la datazione del ciborio della Cattedrale del MCMVIII (1908), quando sono avvenuti alcuni restauri innovativi pasticciati, dallo spostamento dell'altare settecentesco di San Sabino, allo spostamento nell'abside della Cattedra episcopale, situata giustamente "in cornu evangelii", come mostrano le fotografie in bianco e nero esposte in Sacrestia, all'occultamento degli affreschi con la modernizzazione dello stucco marmorizzato, che ha picchettato i colori artistici e le immagini sacre della Crocifissione.
Avevo cercato note del progetto del 1905 nell'Archivio privato del Malcangi a Bari, inutilmente, ma ero rimasto a 'curiosare', senza approfondire le conoscenze, sulle fotografie in bianco e nero che riportavano il degrado architettonico e statico della Cattedrale, all'indomani del terremoto del 1980, segnalato dalla mia persona al Ministro dei Beni Culturali, Antonino Gullotti, in visita a Canosa.
Quelle cicatrici della Cattedrale pesavano sulle spalle del povero don Antonio Piattone, abbandonato da molti, con una Ordinanza dello stesso Comune e una opposizione legittima da parte di settori tecnici, al progetto dell'ing. Milella sul consolidamento della Cattedrale, che ricordo nelle parole qualificate del Soprintendente Mola: "La Cattedrale è un monumento; prima dell'ingegnere, si richiede l'architetto e prima dell'architetto, si richiede lo storico", mentre fra gli storici si evocava il nome del prof. Pane.
Con il carissimo giovane Nico Lenoci, in un atto formale, trasmesso al Comune proiettammo le diapositive in piazza Vittorio Veneto alle ore 20 del 15 settembre 1986 "al fine di informare l'opinione pubblica nel popolo canosino dello stato di degrado in cui versa la Basilica di San Sabino, patrimonio di tutta la città e Bene culturale nazionale".
Oggi, con la luce delle scoperte, mi chiedo e chiedo agli esperti, rivedendo quelle fotografie del 1986, suggellate dal timbro, "ARCIPRETURA CURATA CATTEDRALE BAS. S. SABINO – CANOSA DI PUGLIA, che qui alleghiamo: in alcune si vedevano distintamente i laterizi sull'arco della navata verso il transetto di destra, scoperti dagli intonaci caduti; si intravedevano anche in trasparente rilievo i cerchi concentrici della cupola, che richiedeva da noi tutti un interrogativo sulla sua stratificazione.
Ma l'arch. Michele Menduni , sostenuto dalla metodologia della ricerca storica, così come ha studiato nelle fonti dell'Archivio Prevostale la cronologia dei Prevosti di Canosa e della Chiesa e della Canosa del 700, mi precisava: " Essendo la Cattedrale Monumento nazionale, ricorrono le prescritte autorizzazioni del Ministero". Era infatti il Ministero dell'Istruzione Pubblica, competente anche per le "Antichità e le Belle Arti", come ho ritrovato anch'io sulla cupola ottagonale del Monumento di Boemondo e sul suo disfacimento del 1903.
I passi diligenti e competenti riportano così l'arch. Menduni nel 2011 all'Archivio di Stato di Roma, dove scopre due documenti manoscritti, che vogliamo riportare alla memoria e alla sensibilità culturale dei Canosini attenti .alle fonti archivistiche, senza le quali saremmo rimasti forse nel 'Limbo' degli intonaci e degli stucchi marmorizzati.
Il documento del 23 dicembre del 1905 riporta come oggetto: "Canosa di Puglia. Scoperta di pittura a fresco nella Sagrestia del Duomo". La relazione del Regio Ispettore indica il "muro antico della Sagrestia di questo Duomo, da una colonna all'altra, partendo dall'architrave della porta d'ingresso, …dove è apparsa alla luce la scena della Crocifissione del nostro Redentore sul Monte Calvario dipinta con affreschi". L'Ispettore detta disposizioni "per salvare detti affreschi, … che mi sembrano di interesse storico ed archeologico".
Ma la relazione successiva del maggio del 1906, inviata al Ministero, considera al contrario che "gli affreschi venuti alla luce sulla porta della Sagrestia del Duomo di Canosa, non sono tali da meritare cura o conservazione di sorta".
A questo dissenso dell'arte sacra, segue, per grazia dell'arte, una dettagliata descrizione degli stessi affreschi, che hanno motivato la ricerca e la conservazione da parte della diligenza illuminata di don Felice Bacco e la conservazione da parte della Soprintendenza di oggi.
Il manoscritto valorizza ulteriormente il valore della scoperta archivistica operata a Roma da parte di Michele Menduni.
"L'affresco rappresenta la scena della Crocifissione. Nel dimezzo vi è Cristo, vi sono le tre Madonne, il Sole, la Luna e di lontano il popolo che guarda". La relazione avvilisce poi l'affresco nel valore artistico e nel merito teologico, con tanti "manca", "manca", giudicando negativamente "le figure che non hanno movimento", al fine di "rivestire novellamente l'affresco di stucco".
Così la storia dell'arte sacra, porta gli affreschi "due volte nella polvere, due volte sull'altare", per dirla con Manzoni, finchè la mano di Michele Menduni, li scopre a Roma, nella 'polvere' dei manoscritti archivistici di cento anni fa, per poi affidarli ai saggi promossi e curati da don Felice e alla qualificata opera restauratrice della Soprintendenza.
In una provvidenziale scoperta del transetto, la Crocifissione dell'affresco ci porta alla volta cristocentrica; dopo secoli si scopre in corso d'opera anche la monumentale cupola giustinianea, dove la scoperta dell'impronta monogrammatica del Restauratore di Chiese, del Vescovo Sabino, va a retrodatare la Cattedrale Canosina. Peraltro le antiche radici erano già scritte nei marmi, in un attributo, che avevo sempre posto all'attenzione delle visite degli studenti del Liceo, con la prof. Giorgio, Curci e con il prof. Panella: "PERVETUSTISSIMA", cioè "ultra- antichissima" rispetto all'epoca della Cappella Palatina dei Principi Normanni.
L'edificio era già Cattedrale nell'800, all'epoca della storica traslazione delle spoglie di San Sabino, da riscoprire nel testo originario in Latino del Prevosto Tortora, con la bibliografia scientifica allegata.
Quel "pervetustissima", mentre sotto i nostri piedi consente il discernimento tra Chiesa antica e Chiesa ottocentesca, tra i marmi grigi e le pietre calcaree, al contrario, sopra il nostro capo, negli intonaci bianchi continui, appiattisce e cancella le epoche storiche.
Gli affreschi ora risplendono, mentre il Teologo don Felice Bacco, con la sua spiritualità sacerdotale, sottolinea le radici del culto dell'Addolorata nel volto rigato di lacrime dell'affresco e interpreta "il Sole e la Luna" del dipinto, con il Salmo 22. "Dio mio, invoco di giorno e non rispondi / grido di notte e non trovo riposo". Infatti l'ora nona della Crocifissione sul Golgota conobbe la luce del Sole, ma anche, secondo il Vangelo di Luca (Lc. cap. 23, v. 44) , l'eclissi di sole, "quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra", per tre ore dall'ora sesta all'ora nona. La mano orante, con l'opposizione delle due dita (medio e anulare) al pollice, nella tradizione orientale bizantina formano la lettara C di Christòs ed indicano le due nature, umana e divina, di Gesù, ad evocare le parole del Centurione: "veramente costui era il Figlio di Dio" (Matteo, cap. 27, v. 54).
Abbiamo scavato sotto il Mausoleo di Boemondo, scoprendo tombe dell'VIII secolo; abbiamo scavato sotto la Cripta di San Sabino; ora finalmente abbiamo scavato sotto gli stucchi di un edificio sacro stratificato nel tempo, grazie alla scoperta archivistica dell'arch. Michele Menduni, fiorentino di sede, ma canosino sabiniano nelle ricerche storiche; diciamo grazie alla diligente opera di don Felice Bacco, alla Soprintendenza, ai restauratori, agli studiosi.
La scoperta del Menduni ci educa ulteriormente a leggere ciò che è stato scritto nei secoli, a sfogliare le pagine che fondano la storia di un monumento, prima di un progetto.
Non vogliamo comparare la figura del Menduni con altre figure delle vie diomedee, ma, nel valore della ricerca, le scoperte, con i loro autori, hanno una valore prioritario; e prioritarie nel merito sono anche le opere, le azioni, che hanno comportato fatiche e pericolo per l'incolumità fisica, quando "c'è da salvare".
Ho chiesto una foto del suo volto a Michele Menduni, ma lui, squisitamente composto nella sua natura, replica: "io lavoro di nascosto!". Noi però aggiungiamo: "non è bello però, che a volte si nascondano le scoperte di chi lavora di nascosto".
I suoi passi di 73 anni, nativi di Corato, come l'arch. Malcangi scritto sul Ciborio della Cattedrale nel progetto del 1908, hanno insegnato a Firenze, anche come Assistente universitario del prof. Spadolini. Gli chiediamo come e quando sia nata la passione per la Cattedrale canosina, raccogliendo la sua risposta: "mi sento sabiniano dal 1966, quando ho sostenuto presso l'Università di Firenze, nella Facoltà di Architettura, nel 1965 e 66, due esami sulla Cattedrale di S. Sabino. Da allora mi innamorai della Cattedrale, conoscendo poi il colonnello Chiancone, don Attilio Paulicelli con gli studi del Tortora, don Antonio Piattone, studiando gli Archivi, fino a conoscere oggi lo stimato don Felice Bacco".
Grazie, architetto Michele! da Canosa a Firenze, sulle vie sabiniane di Canosa, tracciate dal Vescovo Sabino e scritte in tanti manoscritti scoperti e da scoprire, nell'Archivio Prevostale della Cattedrale, nell'Archivio Storico Comunale, dalla Puglia a Roma, a Bari con un'altra figura trascurata dello storico padre Gerardo Cioffari, a Montecassino, ai Monasteri benedettini d'Europa, all'Oriente verso Costantinopoli, nelle pietre scritte, occultate ancora sotto gli stucchi del Monumento Nazionale della Cattedrale di S. Sabino, mentre ricorre il XV° Centenario del suo episcopato.
Non abbiamo inteso recriminare alcuno, ma razionalizzare la storia, rievocare le fonti degli affreschi della Crocifissione, riproporre a noi stessi la scoperta del coratino Menduni, dopo cento anni del coratino Malcangi. Quando parliamo e presentiamo la scoperta, valorizziamo lo scopritore.
Ringraziamo il popolo canosino per i "fondi raccolti" (STIPE CONLATA) da Padre Antonio Losito nel 1908 per l' opera del Ciborio. Ringraziamo, nella fede, il Signore per il Vescovo Sabino, dono della Grazia di Dio alla Chiesa, alla Città dei Vescovi, al Popolo di Canosa di Puglia.
Auguri Canosa!
Ob amorem patriae
maestro Peppino Di Nunno (stylus magistri).
Avremmo auspicato un riconoscimento formale, con le segnalazioni dalle Associazioni culturale e dalle Istituzioni, a Michele Menduni, architetto originario di Corato, studioso del patrimonio sabiniano, da noi segnalato alla storia e alla città nella sua scoperta sul portale www.canosinaviva.it il 13 febbraio 2013.
Riconosciamo la lettura diffusa del portale, che dalle radici di canosaweb porta quotidianamente in rete la vita di Canosa di Puglia, meritando un formale riconoscimento e riteniamo che i messaggeri e costruttori della storia e dell'arte meritino sul portale, attenzione e credito, più dei diffusori di immondizia abusiva, che deturpano la stessa vetrina di una città d'arte.
Non toccava alla mia persona raccogliere le firme per presentare il Menduni, in quanto l'attenzione e la condivisione culturale di uno scopritore, dovrebbe spontaneamente radicarsi nelle vie diomedee di Canosa, evocate ogni giorno dalle apprezzate iniziative della vita civile, ma notiamo che la figura del Menduni fiorentino e sabiniano, già apprezzata in un incontro dall'Università della Terza Età di Canosa, appare sfumata, se non trascurata nella ricerca storica degli affreschi, sconosciuti a tutti fino al 2011, coperti dagli stucchi marmorizzati nel progetto del Malcangi nel 1906, mentre i miei nonni materni giocavano da bambini e la mia bisnonna materna Di Palma Savina donava i suoi orecchini di oro a Padre Antonio Losito, nel dolore della figlia, per la colletta del popolo (STIPE CONLATA- POPVLVS CANVSINVS)..
Intendiamo perciò non tanto disapprovare alcuno, quanto approvare e accreditare i passi della storia che hanno scoperto lo splendore mancato nel restauro della Cattedrale e degli intonaci nei decenni scorsi.
Leggevo, come tanti, negli anni 80, la datazione del ciborio della Cattedrale del MCMVIII (1908), quando sono avvenuti alcuni restauri innovativi pasticciati, dallo spostamento dell'altare settecentesco di San Sabino, allo spostamento nell'abside della Cattedra episcopale, situata giustamente "in cornu evangelii", come mostrano le fotografie in bianco e nero esposte in Sacrestia, all'occultamento degli affreschi con la modernizzazione dello stucco marmorizzato, che ha picchettato i colori artistici e le immagini sacre della Crocifissione.
Avevo cercato note del progetto del 1905 nell'Archivio privato del Malcangi a Bari, inutilmente, ma ero rimasto a 'curiosare', senza approfondire le conoscenze, sulle fotografie in bianco e nero che riportavano il degrado architettonico e statico della Cattedrale, all'indomani del terremoto del 1980, segnalato dalla mia persona al Ministro dei Beni Culturali, Antonino Gullotti, in visita a Canosa.
Quelle cicatrici della Cattedrale pesavano sulle spalle del povero don Antonio Piattone, abbandonato da molti, con una Ordinanza dello stesso Comune e una opposizione legittima da parte di settori tecnici, al progetto dell'ing. Milella sul consolidamento della Cattedrale, che ricordo nelle parole qualificate del Soprintendente Mola: "La Cattedrale è un monumento; prima dell'ingegnere, si richiede l'architetto e prima dell'architetto, si richiede lo storico", mentre fra gli storici si evocava il nome del prof. Pane.
Con il carissimo giovane Nico Lenoci, in un atto formale, trasmesso al Comune proiettammo le diapositive in piazza Vittorio Veneto alle ore 20 del 15 settembre 1986 "al fine di informare l'opinione pubblica nel popolo canosino dello stato di degrado in cui versa la Basilica di San Sabino, patrimonio di tutta la città e Bene culturale nazionale".
Oggi, con la luce delle scoperte, mi chiedo e chiedo agli esperti, rivedendo quelle fotografie del 1986, suggellate dal timbro, "ARCIPRETURA CURATA CATTEDRALE BAS. S. SABINO – CANOSA DI PUGLIA, che qui alleghiamo: in alcune si vedevano distintamente i laterizi sull'arco della navata verso il transetto di destra, scoperti dagli intonaci caduti; si intravedevano anche in trasparente rilievo i cerchi concentrici della cupola, che richiedeva da noi tutti un interrogativo sulla sua stratificazione.
Ma l'arch. Michele Menduni , sostenuto dalla metodologia della ricerca storica, così come ha studiato nelle fonti dell'Archivio Prevostale la cronologia dei Prevosti di Canosa e della Chiesa e della Canosa del 700, mi precisava: " Essendo la Cattedrale Monumento nazionale, ricorrono le prescritte autorizzazioni del Ministero". Era infatti il Ministero dell'Istruzione Pubblica, competente anche per le "Antichità e le Belle Arti", come ho ritrovato anch'io sulla cupola ottagonale del Monumento di Boemondo e sul suo disfacimento del 1903.
I passi diligenti e competenti riportano così l'arch. Menduni nel 2011 all'Archivio di Stato di Roma, dove scopre due documenti manoscritti, che vogliamo riportare alla memoria e alla sensibilità culturale dei Canosini attenti .alle fonti archivistiche, senza le quali saremmo rimasti forse nel 'Limbo' degli intonaci e degli stucchi marmorizzati.
Il documento del 23 dicembre del 1905 riporta come oggetto: "Canosa di Puglia. Scoperta di pittura a fresco nella Sagrestia del Duomo". La relazione del Regio Ispettore indica il "muro antico della Sagrestia di questo Duomo, da una colonna all'altra, partendo dall'architrave della porta d'ingresso, …dove è apparsa alla luce la scena della Crocifissione del nostro Redentore sul Monte Calvario dipinta con affreschi". L'Ispettore detta disposizioni "per salvare detti affreschi, … che mi sembrano di interesse storico ed archeologico".
Ma la relazione successiva del maggio del 1906, inviata al Ministero, considera al contrario che "gli affreschi venuti alla luce sulla porta della Sagrestia del Duomo di Canosa, non sono tali da meritare cura o conservazione di sorta".
A questo dissenso dell'arte sacra, segue, per grazia dell'arte, una dettagliata descrizione degli stessi affreschi, che hanno motivato la ricerca e la conservazione da parte della diligenza illuminata di don Felice Bacco e la conservazione da parte della Soprintendenza di oggi.
Il manoscritto valorizza ulteriormente il valore della scoperta archivistica operata a Roma da parte di Michele Menduni.
"L'affresco rappresenta la scena della Crocifissione. Nel dimezzo vi è Cristo, vi sono le tre Madonne, il Sole, la Luna e di lontano il popolo che guarda". La relazione avvilisce poi l'affresco nel valore artistico e nel merito teologico, con tanti "manca", "manca", giudicando negativamente "le figure che non hanno movimento", al fine di "rivestire novellamente l'affresco di stucco".
Così la storia dell'arte sacra, porta gli affreschi "due volte nella polvere, due volte sull'altare", per dirla con Manzoni, finchè la mano di Michele Menduni, li scopre a Roma, nella 'polvere' dei manoscritti archivistici di cento anni fa, per poi affidarli ai saggi promossi e curati da don Felice e alla qualificata opera restauratrice della Soprintendenza.
In una provvidenziale scoperta del transetto, la Crocifissione dell'affresco ci porta alla volta cristocentrica; dopo secoli si scopre in corso d'opera anche la monumentale cupola giustinianea, dove la scoperta dell'impronta monogrammatica del Restauratore di Chiese, del Vescovo Sabino, va a retrodatare la Cattedrale Canosina. Peraltro le antiche radici erano già scritte nei marmi, in un attributo, che avevo sempre posto all'attenzione delle visite degli studenti del Liceo, con la prof. Giorgio, Curci e con il prof. Panella: "PERVETUSTISSIMA", cioè "ultra- antichissima" rispetto all'epoca della Cappella Palatina dei Principi Normanni.
L'edificio era già Cattedrale nell'800, all'epoca della storica traslazione delle spoglie di San Sabino, da riscoprire nel testo originario in Latino del Prevosto Tortora, con la bibliografia scientifica allegata.
Quel "pervetustissima", mentre sotto i nostri piedi consente il discernimento tra Chiesa antica e Chiesa ottocentesca, tra i marmi grigi e le pietre calcaree, al contrario, sopra il nostro capo, negli intonaci bianchi continui, appiattisce e cancella le epoche storiche.
Gli affreschi ora risplendono, mentre il Teologo don Felice Bacco, con la sua spiritualità sacerdotale, sottolinea le radici del culto dell'Addolorata nel volto rigato di lacrime dell'affresco e interpreta "il Sole e la Luna" del dipinto, con il Salmo 22. "Dio mio, invoco di giorno e non rispondi / grido di notte e non trovo riposo". Infatti l'ora nona della Crocifissione sul Golgota conobbe la luce del Sole, ma anche, secondo il Vangelo di Luca (Lc. cap. 23, v. 44) , l'eclissi di sole, "quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra", per tre ore dall'ora sesta all'ora nona. La mano orante, con l'opposizione delle due dita (medio e anulare) al pollice, nella tradizione orientale bizantina formano la lettara C di Christòs ed indicano le due nature, umana e divina, di Gesù, ad evocare le parole del Centurione: "veramente costui era il Figlio di Dio" (Matteo, cap. 27, v. 54).
Abbiamo scavato sotto il Mausoleo di Boemondo, scoprendo tombe dell'VIII secolo; abbiamo scavato sotto la Cripta di San Sabino; ora finalmente abbiamo scavato sotto gli stucchi di un edificio sacro stratificato nel tempo, grazie alla scoperta archivistica dell'arch. Michele Menduni, fiorentino di sede, ma canosino sabiniano nelle ricerche storiche; diciamo grazie alla diligente opera di don Felice Bacco, alla Soprintendenza, ai restauratori, agli studiosi.
La scoperta del Menduni ci educa ulteriormente a leggere ciò che è stato scritto nei secoli, a sfogliare le pagine che fondano la storia di un monumento, prima di un progetto.
Non vogliamo comparare la figura del Menduni con altre figure delle vie diomedee, ma, nel valore della ricerca, le scoperte, con i loro autori, hanno una valore prioritario; e prioritarie nel merito sono anche le opere, le azioni, che hanno comportato fatiche e pericolo per l'incolumità fisica, quando "c'è da salvare".
Ho chiesto una foto del suo volto a Michele Menduni, ma lui, squisitamente composto nella sua natura, replica: "io lavoro di nascosto!". Noi però aggiungiamo: "non è bello però, che a volte si nascondano le scoperte di chi lavora di nascosto".
I suoi passi di 73 anni, nativi di Corato, come l'arch. Malcangi scritto sul Ciborio della Cattedrale nel progetto del 1908, hanno insegnato a Firenze, anche come Assistente universitario del prof. Spadolini. Gli chiediamo come e quando sia nata la passione per la Cattedrale canosina, raccogliendo la sua risposta: "mi sento sabiniano dal 1966, quando ho sostenuto presso l'Università di Firenze, nella Facoltà di Architettura, nel 1965 e 66, due esami sulla Cattedrale di S. Sabino. Da allora mi innamorai della Cattedrale, conoscendo poi il colonnello Chiancone, don Attilio Paulicelli con gli studi del Tortora, don Antonio Piattone, studiando gli Archivi, fino a conoscere oggi lo stimato don Felice Bacco".
Grazie, architetto Michele! da Canosa a Firenze, sulle vie sabiniane di Canosa, tracciate dal Vescovo Sabino e scritte in tanti manoscritti scoperti e da scoprire, nell'Archivio Prevostale della Cattedrale, nell'Archivio Storico Comunale, dalla Puglia a Roma, a Bari con un'altra figura trascurata dello storico padre Gerardo Cioffari, a Montecassino, ai Monasteri benedettini d'Europa, all'Oriente verso Costantinopoli, nelle pietre scritte, occultate ancora sotto gli stucchi del Monumento Nazionale della Cattedrale di S. Sabino, mentre ricorre il XV° Centenario del suo episcopato.
Non abbiamo inteso recriminare alcuno, ma razionalizzare la storia, rievocare le fonti degli affreschi della Crocifissione, riproporre a noi stessi la scoperta del coratino Menduni, dopo cento anni del coratino Malcangi. Quando parliamo e presentiamo la scoperta, valorizziamo lo scopritore.
Ringraziamo il popolo canosino per i "fondi raccolti" (STIPE CONLATA) da Padre Antonio Losito nel 1908 per l' opera del Ciborio. Ringraziamo, nella fede, il Signore per il Vescovo Sabino, dono della Grazia di Dio alla Chiesa, alla Città dei Vescovi, al Popolo di Canosa di Puglia.
Auguri Canosa!
Ob amorem patriae
maestro Peppino Di Nunno (stylus magistri).