Stilus Magistri
Tufo canosino per costruire…
Le opere d’arte tra ingegno e pensiero!
sabato 16 aprile 2016
10.14
Noi canosini siamo figli di vasai, contadini, allevatori di pecore e di capre, ma anche di tufaroli, umili cavatori del tufo nelle viscere sotterranee del banco tufaceo geologico premurgiano. Il banco tufaceo si affaccia sul Tavoliere delle Puglie con la stuttura del Carparo, riscoperto oggi presso la Chiesa di Costantinopoli nelle "tombe del Carparo" del V sec. a. C. in contrada "Pietra Caduta". La Stessa Chiesa agreste del "rusticanum cultum" dell'800 di Costantinopoli mostra a vista il tufo canosino, patrimonio storico, culturale, archeologico, architettonico, ambientale, naturalistico. Emerge quindi alla cultura il primo concorso di scultura "se hai tufo... costruisci!", bandito dalla Fondazione Archeologica Canosina (FAC) con il Presidente Sabino Silvestri, su iniziativa e Patrocinio dell'Assessorato alla Promozione Turistica del Comune di Canosa con l'Assessore Maddalena Malcangio.
Proverbio dialettale
Percorrendo "le vie dei ciottoli del dialetto canosino", ritroviamo la radice popolare della lingua dialettale del proverbio canosino che esprime questa risorsa costruttiva. I nostri padri dicevano: " se tìne tòfere, fabbrecósce!", sia in senso materiale, che figurato a livello mentale, con il lemma "tòfere" al plurale, perchè servono tanti conci di tufo per costruire. Ma recandoci in via Murgetta a fotografare un concio nuovo di tufo, apprendiamo un altro proverbio correlato dal sig, Grassi: "se n'ò scéute téufe e ò turnète cuzzìgne" (se n'è andato come tufo ed è tornato cozzarolo) a significare la cocciutaggine positiva delle persone come il tufo roccioso. All'opposto si diceva di una persona con pensieri inconsistenti: "cè tìne u tufàgne 'nghèpe?", con riferimento al friabile tufino ricavato dal tufo gentile.
Natura del tufo
Il tufo, da latino tufus, è una roccia sedimentaria piroclastica di origine vulcanica. In Puglia è la calcarenite, derivata dalla cementazione di roccia calcarea, di origine sedimentaria in ambiente marino. Il tufo risultava essere il materiale più usato per le costruzioni, dal muro di sostegno al muretto di recinzione, dal tompagno alla volta.
Storia del tufo nel Medioevo e nell'Antica Roma
Il Glossarium Latinitatis del Du Cange con riferimento al Medioevo riporta il lemma "tufus" o Tophus, lapis friabilis (pietra friabile), minimum ponderis in structuris habens, de quo Vitruvius lib. 2. cap. 6. 7.
Vitruvio, famoso architetto del I sec. a. C., noto nell'uomo di Vitruvio di Leonardo da Vinci, nell'opera de Architectura, al libro II, cap. VI, descrive di due rocce simili presenti in Campania e in Etruria, "entrambe pregevoli nelle costruzioni": "utraque autem sunt egregia in structuris", con riferimento al tufus della Campania.
Anche il naturalista Plinio il Vecchio nell'opera Naturalis Historia, nel Libro XXXVI, al par. 166 scrive di un "lapidum tofus aedificiis" e del tofus presente a Cartagine in Africa.
Precisa però che il tufo "exetur halitu maris, friatur vento, everberatur imbri" (è consumato dal soffio del mare, è frantumato dal vento, è percosso dalla pioggia).
Il tufo nella storia di Canosa di Puglia
Il tufo del tipo roccioso, lo ritroviamo nel tempio della dea Minerva, prestigioso Santuario della Daunia del IV sec. a. C., scolpito nel colonnato esterno, nei capitelli, nel volto della dea con diadema, nel Telamone. Il tufo costituisce il grembo funerario degli Ipogei (dal greco ὑπό «sotto» e γῆ «terra», pr. iupò-ghe). Gli ipogei canosini dal VI sec. a. C. alla romanizzazione, scavati nel tufo sono sepolture sotterranee che hanno custodito le spoglie dei Principes con i prestigiosi corredi funerari, di vasi di terracotta, di ceramica, di monili di oro. Il tufo degli Ipogei è stato anche la pagina scritta incisa in latino come nell'Ipogeo di "Medella figlia di Dasmo" o in greco, come nell'ipogeo dell'Oplita. Il tufo, dopo essere stato impietosamente ricoperto nei secoli di intonaci e di stucco marmorizzato, è stato studiato e riscoperto dignitosamente nella cupola del transetto di destra della Cattedrale di San Sabino, diventando, come nelle origini sabiniane, monumento giustinianeo del VI secolo. Risalendo da sottoterra il tufo lo ritroviamo negli edifici, nelle abitazioni umili come nei Palazzi gentilizi, nella Chiese. Ma lo ritroviamo dal '700 al '900 nell'attività estrattiva per l'edilizia del paese e del territorio, nelle cavità antropiche scavate dai tufaroli, che hanno lasciato sulle pareti la traccia del piccone. Scavando con la luce della lucerna ad olio ( la lucernédde) e dei lucenari scavati fino alla superficie. Sono le note "grotte" tufacee scavate a Canosa, destinate con intelligenza alle cantine vinicole degli stabilimenti della civiltà contadina, logorate dal tempo, ma sepolte vive dall'edilizia non programmata o interrate per sicurezza, senza il recupero delle grotte sane. Ne esistevano più di cento come riportano i miei studi di esplorazione con il censimento unico del 1985, trasmesso al Ministero della Protezione Civile e al Comune, ritrovando nelle parole del Ministero l'intervento antropico urbanistico corrispondente alle parole dei nostri padri: "vè sàupe o màsse e nàune sàupe o vacànde" (costruisce sul masso tufaceo e non su quello vuoto). In questo patrimonio sotterraneo, da salvare nelle ultime strutture rimaste, il tufo fu scolpito nell'800 nella grotta del Crocifisso e del Monacello scoperta dalle mie esplorazioni, dove vidi "u Munecacìdde" in tufo approdato a Strasburgo in una Tesi di Laurea del 1996 del dott. Marcello Lagrasta canosino emigrante). Il tufo è un itinerario culturale e turistico di Canosa da visitare dal tempio ellenistico, alle cave sotterrane o a cielo aperto di "Tufarelle", nella cavità delle sculture del Monacello e della Fata, nelle cave legate ai vigneti del Nero di Troia in via Lavello visitate come laboratorio con molte scolaresche. In questo sito è presente un piccolo Museo privato di sculture in tufo, dove le mani volontarie del vegliardo Saverio Leone ha scolpito volti e figure di storia.
Gocce di vino Greco con il tufo
Anche a Canosa oggi viene coltivato e prodotto il vino bianco "Greco di Tufo". Il vino lo ritroviamo già nell'800, menzionato nel 1872 negli annali di Viticoltura ed Enologia dell'ing. G. B. Cerletti, illustre fondatore della Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano in Provincia di Treviso. Lo studioso in una indagine sul territorio canosino descrive "il Greco, eccellente qualità" fra le uve bianche… "sulle pendici di queste amene colline" con il "vino Greco di grande squisitezza". Il vino Greco, vinum Graecum, ha origini antichissime dal I sec. a. C. ai piedi del Vesuvio, in Campania, citato dal naturalista Plinio il Vecchio, di cui abbiamo ritrovato i testi nell'opera Naturalis Historia, al Libro XIV, par. 95: "tanto vero Graeco vino gratia erat, ut singulae potiones in convictu darentur", (in verità il vino greco era così pregiato, da essere versato una sola volta nel banchetto). Anche al par. 96 Plinio descrive un banchetto in cui si dava più di una volta il vino greco (lautum convivium vidit, in quo plus semel Graecum vinum daretur). Il vitigno ed il vino si legano alla storia del Comune di TUFO, in provincia di Avellino, con la denominazione "Greco di Tufo" riconosciuta DOC nel 1970. Ma, nelle radici elleniche canosine, possiamo posare un calice di vino Greco, col suo brillante color paglierino, anche sul tufo giallo di Canosa di Puglia, per sorseggiare in festa al benessere del territorio, alla salute dei cittadini, alla festa dei turisti. Cin, cin! Con un calice di Vino Greco sul tufo canosino.
Il tufo nella Letteratura
Il tufo scolpito dell'800 del Crocifisso e del Monacello è approdato all'Università di Strasburgo il 1996 in una tesi di laurea, ma siamo chiamati oggi mentre si scolpisce il tufo a scrivere lettere e poesie in omaggio alla roccia canosina, intrisa di storia, di arte, di lavoro, di case e di Chiese. In questo paese del Sud vogliamo rievocare i versi del poeta Vittorio Bodini (Bari 1914-Roma 1970)
"Tu non conosci il Sud, le case di calce,....
viviamo in un incantesimo,
tra palazzi di tufo".
Anche a Canosa di Puglia viviamo in un incantesimo tra palazzi e chiese di tufo, tra capitelli e ipogei, tra cantine tufacee sotterranee scavate e scolpite, tra gocce di vino Greco, tra... pensieri di civiltà che si possono costruire con il tufo, come dicevano i nostri padri in dialetto, "se tìne tòfere, fabbrecósce!", e come continuiamo a dire ancora oggi nell'Archeologia Canosina: "se hai tufo, costruisci!". Salute ai tufaroli, cultori, costruttori e scultori!
Canosa, 16 Aprile 2016 – Fondazione Archeologica Canosina (FAC)
maestro Peppino Di Nunno, esploratore del tufo sotterraneo... "abbàsce a la gròtte"
Proverbio dialettale
Percorrendo "le vie dei ciottoli del dialetto canosino", ritroviamo la radice popolare della lingua dialettale del proverbio canosino che esprime questa risorsa costruttiva. I nostri padri dicevano: " se tìne tòfere, fabbrecósce!", sia in senso materiale, che figurato a livello mentale, con il lemma "tòfere" al plurale, perchè servono tanti conci di tufo per costruire. Ma recandoci in via Murgetta a fotografare un concio nuovo di tufo, apprendiamo un altro proverbio correlato dal sig, Grassi: "se n'ò scéute téufe e ò turnète cuzzìgne" (se n'è andato come tufo ed è tornato cozzarolo) a significare la cocciutaggine positiva delle persone come il tufo roccioso. All'opposto si diceva di una persona con pensieri inconsistenti: "cè tìne u tufàgne 'nghèpe?", con riferimento al friabile tufino ricavato dal tufo gentile.
Natura del tufo
Il tufo, da latino tufus, è una roccia sedimentaria piroclastica di origine vulcanica. In Puglia è la calcarenite, derivata dalla cementazione di roccia calcarea, di origine sedimentaria in ambiente marino. Il tufo risultava essere il materiale più usato per le costruzioni, dal muro di sostegno al muretto di recinzione, dal tompagno alla volta.
Storia del tufo nel Medioevo e nell'Antica Roma
Il Glossarium Latinitatis del Du Cange con riferimento al Medioevo riporta il lemma "tufus" o Tophus, lapis friabilis (pietra friabile), minimum ponderis in structuris habens, de quo Vitruvius lib. 2. cap. 6. 7.
Vitruvio, famoso architetto del I sec. a. C., noto nell'uomo di Vitruvio di Leonardo da Vinci, nell'opera de Architectura, al libro II, cap. VI, descrive di due rocce simili presenti in Campania e in Etruria, "entrambe pregevoli nelle costruzioni": "utraque autem sunt egregia in structuris", con riferimento al tufus della Campania.
Anche il naturalista Plinio il Vecchio nell'opera Naturalis Historia, nel Libro XXXVI, al par. 166 scrive di un "lapidum tofus aedificiis" e del tofus presente a Cartagine in Africa.
Precisa però che il tufo "exetur halitu maris, friatur vento, everberatur imbri" (è consumato dal soffio del mare, è frantumato dal vento, è percosso dalla pioggia).
Il tufo nella storia di Canosa di Puglia
Il tufo del tipo roccioso, lo ritroviamo nel tempio della dea Minerva, prestigioso Santuario della Daunia del IV sec. a. C., scolpito nel colonnato esterno, nei capitelli, nel volto della dea con diadema, nel Telamone. Il tufo costituisce il grembo funerario degli Ipogei (dal greco ὑπό «sotto» e γῆ «terra», pr. iupò-ghe). Gli ipogei canosini dal VI sec. a. C. alla romanizzazione, scavati nel tufo sono sepolture sotterranee che hanno custodito le spoglie dei Principes con i prestigiosi corredi funerari, di vasi di terracotta, di ceramica, di monili di oro. Il tufo degli Ipogei è stato anche la pagina scritta incisa in latino come nell'Ipogeo di "Medella figlia di Dasmo" o in greco, come nell'ipogeo dell'Oplita. Il tufo, dopo essere stato impietosamente ricoperto nei secoli di intonaci e di stucco marmorizzato, è stato studiato e riscoperto dignitosamente nella cupola del transetto di destra della Cattedrale di San Sabino, diventando, come nelle origini sabiniane, monumento giustinianeo del VI secolo. Risalendo da sottoterra il tufo lo ritroviamo negli edifici, nelle abitazioni umili come nei Palazzi gentilizi, nella Chiese. Ma lo ritroviamo dal '700 al '900 nell'attività estrattiva per l'edilizia del paese e del territorio, nelle cavità antropiche scavate dai tufaroli, che hanno lasciato sulle pareti la traccia del piccone. Scavando con la luce della lucerna ad olio ( la lucernédde) e dei lucenari scavati fino alla superficie. Sono le note "grotte" tufacee scavate a Canosa, destinate con intelligenza alle cantine vinicole degli stabilimenti della civiltà contadina, logorate dal tempo, ma sepolte vive dall'edilizia non programmata o interrate per sicurezza, senza il recupero delle grotte sane. Ne esistevano più di cento come riportano i miei studi di esplorazione con il censimento unico del 1985, trasmesso al Ministero della Protezione Civile e al Comune, ritrovando nelle parole del Ministero l'intervento antropico urbanistico corrispondente alle parole dei nostri padri: "vè sàupe o màsse e nàune sàupe o vacànde" (costruisce sul masso tufaceo e non su quello vuoto). In questo patrimonio sotterraneo, da salvare nelle ultime strutture rimaste, il tufo fu scolpito nell'800 nella grotta del Crocifisso e del Monacello scoperta dalle mie esplorazioni, dove vidi "u Munecacìdde" in tufo approdato a Strasburgo in una Tesi di Laurea del 1996 del dott. Marcello Lagrasta canosino emigrante). Il tufo è un itinerario culturale e turistico di Canosa da visitare dal tempio ellenistico, alle cave sotterrane o a cielo aperto di "Tufarelle", nella cavità delle sculture del Monacello e della Fata, nelle cave legate ai vigneti del Nero di Troia in via Lavello visitate come laboratorio con molte scolaresche. In questo sito è presente un piccolo Museo privato di sculture in tufo, dove le mani volontarie del vegliardo Saverio Leone ha scolpito volti e figure di storia.
Gocce di vino Greco con il tufo
Anche a Canosa oggi viene coltivato e prodotto il vino bianco "Greco di Tufo". Il vino lo ritroviamo già nell'800, menzionato nel 1872 negli annali di Viticoltura ed Enologia dell'ing. G. B. Cerletti, illustre fondatore della Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano in Provincia di Treviso. Lo studioso in una indagine sul territorio canosino descrive "il Greco, eccellente qualità" fra le uve bianche… "sulle pendici di queste amene colline" con il "vino Greco di grande squisitezza". Il vino Greco, vinum Graecum, ha origini antichissime dal I sec. a. C. ai piedi del Vesuvio, in Campania, citato dal naturalista Plinio il Vecchio, di cui abbiamo ritrovato i testi nell'opera Naturalis Historia, al Libro XIV, par. 95: "tanto vero Graeco vino gratia erat, ut singulae potiones in convictu darentur", (in verità il vino greco era così pregiato, da essere versato una sola volta nel banchetto). Anche al par. 96 Plinio descrive un banchetto in cui si dava più di una volta il vino greco (lautum convivium vidit, in quo plus semel Graecum vinum daretur). Il vitigno ed il vino si legano alla storia del Comune di TUFO, in provincia di Avellino, con la denominazione "Greco di Tufo" riconosciuta DOC nel 1970. Ma, nelle radici elleniche canosine, possiamo posare un calice di vino Greco, col suo brillante color paglierino, anche sul tufo giallo di Canosa di Puglia, per sorseggiare in festa al benessere del territorio, alla salute dei cittadini, alla festa dei turisti. Cin, cin! Con un calice di Vino Greco sul tufo canosino.
Il tufo nella Letteratura
Il tufo scolpito dell'800 del Crocifisso e del Monacello è approdato all'Università di Strasburgo il 1996 in una tesi di laurea, ma siamo chiamati oggi mentre si scolpisce il tufo a scrivere lettere e poesie in omaggio alla roccia canosina, intrisa di storia, di arte, di lavoro, di case e di Chiese. In questo paese del Sud vogliamo rievocare i versi del poeta Vittorio Bodini (Bari 1914-Roma 1970)
"Tu non conosci il Sud, le case di calce,....
viviamo in un incantesimo,
tra palazzi di tufo".
Anche a Canosa di Puglia viviamo in un incantesimo tra palazzi e chiese di tufo, tra capitelli e ipogei, tra cantine tufacee sotterranee scavate e scolpite, tra gocce di vino Greco, tra... pensieri di civiltà che si possono costruire con il tufo, come dicevano i nostri padri in dialetto, "se tìne tòfere, fabbrecósce!", e come continuiamo a dire ancora oggi nell'Archeologia Canosina: "se hai tufo, costruisci!". Salute ai tufaroli, cultori, costruttori e scultori!
Canosa, 16 Aprile 2016 – Fondazione Archeologica Canosina (FAC)
maestro Peppino Di Nunno, esploratore del tufo sotterraneo... "abbàsce a la gròtte"