Il Pensare tra bellezza e verità
La luce del borgo che non ti lascia
Una icona della nostra vita
sabato 30 giugno 2018
20.09
In un borgo valdostano, abitato da poche decine di persone, ho trovato uno splendido altare rivestito d'oro all'interno della Chiesa della Natività di Maria Vergine . La bellezza incomparabile delle sue statue, delle colonne e delle decorazioni mi ha fatto pensare a come il cuore di quelle generazioni montane era radicato lí, nella loro parrocchia. Il borgo è andato con il tempo disabitato, ma quella bellezza è ancora lí. Credo che questa possa essere una icona della nostra vita. Tante volte abbandoniamo, disabitiamo le tradizioni dei nostri borghi per scegliere le città esistenziali del benessere, dell'utile e del funzionale. Eppure la bellezza resta lí, in quel borgo, anche se disabitato. Basta semplicemente parlare con chiunque sta nel benessere per accorgersi che il bello non sta con quella situazione, ma magari nel sacrificio del passato lí dove erano più vivi gli affetti, autentiche le relazioni, più veri i rapporti. Per tanti ci sono i borghi del ricordo dell'infanzia, di una storia d'amore, del periodo degli studi o di persone che oggi sono in quel luogo. Gli altari dorati, con tutta la loro bellezza, cercavano di rappresentare il divino invisibile ed increato. È vero, quella bellezza non si vede, quel borgo è disabitato, ma la bellezza continua ad esserci. Continua ad esserci infatti il bene che ci è stato donato, il ricordo della genuinità dei rapporti di chi ha preso altre strade, come anche l'oro dell'amicizia e della fraternità che abbiamo potuto sperimentare. Continua ad esserci la luce di quell'oro che si chiama esempio, dono e grazia. Non dimenticare questo borgo di Vert frazione di Donnas, non dimenticare questo altare e porta nel cuore sempre la luce di ciò che è stato, ma sempre resterà. Sii sempre grato perché ciò che sei è semplicemente merito del borgo che hai già vissuto e continua ad esserci. Buona riscoperta dell'oro interiore da cui sei abitato.
Salvatore Sciannamea
Salvatore Sciannamea