Le lettere di Agata Pinnelli
Gesù Crocifisso, un cammino di speranza, di gioia e di luce
A Canosa le Croci storiche di Andria
domenica 12 aprile 2015
7.48
Nell'ambito dei riti pasquali di intensa partecipazione nella preghiera, la Comunità di Santa Teresa del Bambino Gesù, un quartiere a servizio della città di Canosa di Puglia(BT), ha realizzato la "Via Crucis Vivente", suggestiva rappresentazione degli ultimi significativi momenti della vita di Cristo, che hanno cambiato il volto della Storia e degli uomini. Questo viaggio simbolico e nello stesso tempo vivo e contemporaneo, vissuto nel cuore con la fede, si è svolto all'ombra delle famose croci storiche di Andria(BT), che hanno determinato un coinvolgimento emotivo non solo di forte intensità comunicativa, ma anche di efficace contestualizzazione storica insieme alle rappresentazioni sceniche, curate nelle interpretazioni, nei costumi, nelle coreografie e nelle musiche, nonché uno stimolo di riflessione sulla parola evangelica. Il messaggio che la rievocazione della Via Crucis ha voluto trasmettere è il significato della Croce nel suo aspetto positivo di cammino che porta non all'annientamento di sé, ma alla esaltazione della vita e della gioia eterna della Resurrezione, che passa inevitabilmente attraverso l'accettazione della Croce.
Il Crocifisso si è rivelato agli occhi di tutti un insondabile mistero d'amore e di dolore: sì, sono infissi i segni della malvagità dell'uomo, quella che si scatena ancora nelle persecuzioni religiose, nei conflitti, nel terrorismo, nell'indifferenza, dove tanti sono i nuovi crocifissi, ma nella Croce di Gesù ciò che risplende è l'amore di Dio senza misura, non il peccato dell'uomo. È il luogo per capire il senso delle prove quotidiane; per credere anche nelle notti buie e nell'esperienza dell'abbandono; per amarlo nei suoi silenzi e nelle apparenti sconfitte. Infatti, in questo piccolo spazio, Gesù ha vissuto l'abbandono del Padre nella sua carne come il vero e più grande dolore dell'uomo, ma nello stesso tempo ci ha insegnato come sia possibile convivere con l'angoscia attraverso l'esperienza di una fede profonda "Nelle tue mani Padre affido la mia vita". Nel grido di abbandono Gesù rimane aggrappato al suo Dio ed il suo grido si trasforma nell'invito ad ogni uomo che soffre, ad associarsi insieme a Lui nella fiduciosa invocazione: il Padre che ascolta, che abbraccia il grido del Figlio, non fa altro che abbracciare la sofferenza del mondo.
L'amore di Cristo sulla Croce è più forte del male e della morte, il perdono più forte della vendetta. Tutto questo, rappresentato nel Cenacolo con la consapevolezza dei prossimi tradimenti e dell'abbandono totale dei suoi amici discepoli, ci stupisce, ci immobilizza, perché di fronte alla tavola dell'amicizia tradita, fuori da ogni logica umana Dio sfida il male con il bene, sfida la nostra cattiveria con l'onnipotenza dell'amore. I suoi gesti lasciano tutti senza parole: lava i piedi e dona l'Eucarestia. Con quest'ultima si compie il gesto dell'amore grandioso di Dio, attraverso il quale l'amore materno dirompente di Dio dà la vita ai suoi figli nutrendoli, come il gesto della mamma che nutre la vita del suo bambino attraverso il cibo che viene da lei stessa. Il cibo eucaristico è l'amore, che come ogni altro amore per manifestarsi ha bisogno di gesti.
Sulla Croce si legge il tradimento di Giuda accompagnato da due grandi verità: le persone malvagie le possiamo trovare ovunque anche vicino a noi (Giuda era un apostolo); ogni uomo può diventare un giuda, di qui la nostra vigilanza ad alimentare il dialogo interiore alla ricerca di quei comportamenti che potrebbero allontanarci dal Signore; nessuno può essere buono per forza, ma è necessario voler essere buoni, cioè ognuno è libero di fare la sua scelta. Gesù sapeva che Giuda l'avrebbe tradito, non fa nulla per ravvederlo, gli offre il suo amore: non è Dio che punisce la cattiveria, essa si punisce da sola, perché il cuore cattivo non sarà mai felice, non conquisterà mai una sua dignità e si impaluda nel suo egoismo. Dio continua ad amarci: anche quando lo feriamo, ci tende sempre la mano, è pronto ad abbracciarci purché una lacrima esprima il pentimento e la volontà di cambiamento. A Giuda mancò questa lacrima: l'orgoglio impedì il pianto e bloccò il passo per andare a chiedere perdono; qui sta il suo vero dramma, a differenza di Pietro che pur vivendo una simile esperienza pianse amaramente. Molto penetrante l'interpretazione di Pietro nel momento del rinnegamento e del pentimento, un dramma coinvolgente in cui lo spettatore è entrato in empatia con lui. L'invito che trapelava dal personaggio Pietro augurava che a tutti noi non venisse mai a mancare questa lacrima, che fa la differenza nella salvezza.
È guardando il crocifisso che noi comprendiamo la gravità del peccato e la sua forza di devastazione e di demolizione. La risposta di Dio alla cattiveria umana è il mistero della pietà che si concretizza nella storia con l'offerta del perdono "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno". Questo è il miracolo della Croce. Il fulcro intorno a cui si è svolta tutta la riflessione è l'incontro, l'abbraccio della Madre con Gesù Risorto nell'Assunzione al Cielo, metafora della luminosità di Cristo, la speranza di una vita nuova, piena di gioia nell'eternità, la cui porta è stata aperta per l'umanità proprio dalla Croce. Dal momento della morte e della resurrezione l'umanità di Gesù è stata impregnata di divino ed è diventato il primogenito di una nuova creazione, il punto di attrazione di tutta la storia: con l'Ascensione al Cielo si è nascosto allo sguardo, restando, però, sempre presente nella storia per portarla al compimento del progetto divino: la salvezza dell'umanità. Ed è proprio dalla certezza fiduciosa e silenziosa della Madre nell'incontro con Gesù risorto, che traspare il caloroso invito a cambiare vita, modo di pensare e di vedere, consapevoli del fatto che accettare l'amore di Dio dissolve la paura, che l'iniziativa di Dio viene prima di ogni nostro sforzo, ci rianima e ci rimette in piedi da ogni nostra caduta. L'abbraccio di Maria con Cristo risorto che l'attende in cielo rappresenta lo spazio di una speranza incredibile: una vita di eternità nella gioia e nella luce.
Grazie a questa apertura si è invitati a diventare donne e uomini di resurrezione, di camminare come le donne del Vangelo non verso un Sepolcro, ma verso la Vita, una Vita nuova, liberata dalla disarmonia del peccato, nella consapevolezza che solo Lui è il culmine della gioia piena. Vivere la resurrezione di Cristo significa dare un senso alla propria esistenza, perché l'umiliazione di un Dio insegna la mitezza del cuore, la glorificazione di un uomo ci offre una grande speranza, l'esperienza di una gioia profonda, una vita che zampilla di eternità e di amore. Quando la voce di Gesù Risorto ci scuote, allora anche gli occhi si aprono e possiamo dire come le donne: "Abbiamo visto il Signore e ora sappiamo che c'è un'unica via da percorrere: amare Gesù e i fratelli come Lui ci ha amati".
Agata Pinnelli
Foto a cura di Savino Mazzarella
Il Crocifisso si è rivelato agli occhi di tutti un insondabile mistero d'amore e di dolore: sì, sono infissi i segni della malvagità dell'uomo, quella che si scatena ancora nelle persecuzioni religiose, nei conflitti, nel terrorismo, nell'indifferenza, dove tanti sono i nuovi crocifissi, ma nella Croce di Gesù ciò che risplende è l'amore di Dio senza misura, non il peccato dell'uomo. È il luogo per capire il senso delle prove quotidiane; per credere anche nelle notti buie e nell'esperienza dell'abbandono; per amarlo nei suoi silenzi e nelle apparenti sconfitte. Infatti, in questo piccolo spazio, Gesù ha vissuto l'abbandono del Padre nella sua carne come il vero e più grande dolore dell'uomo, ma nello stesso tempo ci ha insegnato come sia possibile convivere con l'angoscia attraverso l'esperienza di una fede profonda "Nelle tue mani Padre affido la mia vita". Nel grido di abbandono Gesù rimane aggrappato al suo Dio ed il suo grido si trasforma nell'invito ad ogni uomo che soffre, ad associarsi insieme a Lui nella fiduciosa invocazione: il Padre che ascolta, che abbraccia il grido del Figlio, non fa altro che abbracciare la sofferenza del mondo.
L'amore di Cristo sulla Croce è più forte del male e della morte, il perdono più forte della vendetta. Tutto questo, rappresentato nel Cenacolo con la consapevolezza dei prossimi tradimenti e dell'abbandono totale dei suoi amici discepoli, ci stupisce, ci immobilizza, perché di fronte alla tavola dell'amicizia tradita, fuori da ogni logica umana Dio sfida il male con il bene, sfida la nostra cattiveria con l'onnipotenza dell'amore. I suoi gesti lasciano tutti senza parole: lava i piedi e dona l'Eucarestia. Con quest'ultima si compie il gesto dell'amore grandioso di Dio, attraverso il quale l'amore materno dirompente di Dio dà la vita ai suoi figli nutrendoli, come il gesto della mamma che nutre la vita del suo bambino attraverso il cibo che viene da lei stessa. Il cibo eucaristico è l'amore, che come ogni altro amore per manifestarsi ha bisogno di gesti.
Sulla Croce si legge il tradimento di Giuda accompagnato da due grandi verità: le persone malvagie le possiamo trovare ovunque anche vicino a noi (Giuda era un apostolo); ogni uomo può diventare un giuda, di qui la nostra vigilanza ad alimentare il dialogo interiore alla ricerca di quei comportamenti che potrebbero allontanarci dal Signore; nessuno può essere buono per forza, ma è necessario voler essere buoni, cioè ognuno è libero di fare la sua scelta. Gesù sapeva che Giuda l'avrebbe tradito, non fa nulla per ravvederlo, gli offre il suo amore: non è Dio che punisce la cattiveria, essa si punisce da sola, perché il cuore cattivo non sarà mai felice, non conquisterà mai una sua dignità e si impaluda nel suo egoismo. Dio continua ad amarci: anche quando lo feriamo, ci tende sempre la mano, è pronto ad abbracciarci purché una lacrima esprima il pentimento e la volontà di cambiamento. A Giuda mancò questa lacrima: l'orgoglio impedì il pianto e bloccò il passo per andare a chiedere perdono; qui sta il suo vero dramma, a differenza di Pietro che pur vivendo una simile esperienza pianse amaramente. Molto penetrante l'interpretazione di Pietro nel momento del rinnegamento e del pentimento, un dramma coinvolgente in cui lo spettatore è entrato in empatia con lui. L'invito che trapelava dal personaggio Pietro augurava che a tutti noi non venisse mai a mancare questa lacrima, che fa la differenza nella salvezza.
È guardando il crocifisso che noi comprendiamo la gravità del peccato e la sua forza di devastazione e di demolizione. La risposta di Dio alla cattiveria umana è il mistero della pietà che si concretizza nella storia con l'offerta del perdono "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno". Questo è il miracolo della Croce. Il fulcro intorno a cui si è svolta tutta la riflessione è l'incontro, l'abbraccio della Madre con Gesù Risorto nell'Assunzione al Cielo, metafora della luminosità di Cristo, la speranza di una vita nuova, piena di gioia nell'eternità, la cui porta è stata aperta per l'umanità proprio dalla Croce. Dal momento della morte e della resurrezione l'umanità di Gesù è stata impregnata di divino ed è diventato il primogenito di una nuova creazione, il punto di attrazione di tutta la storia: con l'Ascensione al Cielo si è nascosto allo sguardo, restando, però, sempre presente nella storia per portarla al compimento del progetto divino: la salvezza dell'umanità. Ed è proprio dalla certezza fiduciosa e silenziosa della Madre nell'incontro con Gesù risorto, che traspare il caloroso invito a cambiare vita, modo di pensare e di vedere, consapevoli del fatto che accettare l'amore di Dio dissolve la paura, che l'iniziativa di Dio viene prima di ogni nostro sforzo, ci rianima e ci rimette in piedi da ogni nostra caduta. L'abbraccio di Maria con Cristo risorto che l'attende in cielo rappresenta lo spazio di una speranza incredibile: una vita di eternità nella gioia e nella luce.
Grazie a questa apertura si è invitati a diventare donne e uomini di resurrezione, di camminare come le donne del Vangelo non verso un Sepolcro, ma verso la Vita, una Vita nuova, liberata dalla disarmonia del peccato, nella consapevolezza che solo Lui è il culmine della gioia piena. Vivere la resurrezione di Cristo significa dare un senso alla propria esistenza, perché l'umiliazione di un Dio insegna la mitezza del cuore, la glorificazione di un uomo ci offre una grande speranza, l'esperienza di una gioia profonda, una vita che zampilla di eternità e di amore. Quando la voce di Gesù Risorto ci scuote, allora anche gli occhi si aprono e possiamo dire come le donne: "Abbiamo visto il Signore e ora sappiamo che c'è un'unica via da percorrere: amare Gesù e i fratelli come Lui ci ha amati".
Agata Pinnelli
Foto a cura di Savino Mazzarella